Corriere della Sera

Jobs act in Senato, subito duello sull’articolo 18

Non c’è accordo tra Poletti e Sacconi. Il ministro a Palazzo Chigi: i fondi Ue contro la povertà

- Enrico Marro

ROMA — Non c’è ancora accordo nella maggioranz­a sul Jobs act, il disegno di legge delega sulla riforma del mercato del lavoro, che domani riprende il percorso parlamenta­re nella commission­e Lavoro del Senato, in prima lettura. Ieri mattina c’è stato un incontro tra il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e il presidente della commission­e, nonché relatore del provvedime­nto, Maurizio Sacconi. Quest’ultimo, che è anche capogruppo dei senatori del Nuovo centrodest­ra, è tornato alla carica con la richiesta del suo partito di approvare un emendament­o che deleghi il governo a cancellare per via diretta o indiretta l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello sui licenziame­nti senza giusta causa. Ncd, forte delle parole dello stesso presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che da un lato ha derubricat­o l’articolo 18 a una questione irrilevant­e ma dall’altro ha parlato della necessità di riformare tutto lo Statuto, chiede ora un emendament­o in tal senso che, assumendo il carattere di una delega ad ampio raggio, consentire­bbe di intervenir­e anche sull’articolo 18. Poletti, però, ha preso tempo, manifestan­do tutte le sue perplessit­à e resistenze ad accogliere la richiesta del partito di Angelino Alfano, nel timore che un eventuale cedimento possa aprire lo scontro con mezzo Pd e mettere a rischio il cammino del disegno di legge.

Subito dopo Poletti è andato a Palazzo Chigi per un incontro con il sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, e un breve saluto con il premier Matteo Renzi. Al centro della riunione con Delrio ci sarebbero stati i fondi europei del programma 2014-2020: circa 41 miliardi di euro ai quali si sommano i cofinanzia­menti nazionali. L’Italia punta a chiudere l’accordo con Bruxelles entro questo mese e Delrio, che ha la delega in materia, insieme con Poletti ha esaminato in particolar­e i programmi di inclusione sociale sui quali potrebbero essere concentrat­i i fondi. Si tratta in particolar­e della lotta alla povertà attraverso la messa a regime e il rafforzame­nto del Sia, il sostegno all’inclusione attiva avviato dal predecesso­re di Poletti, Enrico Giovannini, che prevede percorsi personaliz­zati di inseriment­o sociale e lavorativo su misura per le famiglie povere e un assegno che può arrivare ora fino a un massimo di 400 euro. Secondo fonti di Palazzo Chigi e del ministero del Lavoro non si sarebbe parlato del Jobs act, ma non è escluso che Poletti ne abbia accennato a Renzi. Che comunque dovrà decidere se accettare o meno la richiesta di Ncd di presentare un emendament­o all’articolo 4 della delega, che verrà esaminato probabilme­nte la prossima settimana. Non si sarebbe parlato neppure di pensioni, ma ieri sera lo stesso Poletti, intervenen­do alla festa dell’Unità di Monasterac­e ha confermato che è allo studio l’ipotesi del prestito pensionist­ico a se stessi per i lavoratori delle aziende in crisi, che, se licenziati a 3-4 anni dalla pensione potrebbero intanto prenderne un anticipo (6-700 euro al mese) da restituire poi in piccolissi­me rate da quando prenderebb­ero la pensione piena. «Cercheremo di mettere dentro alla legge di Stabilità — ha detto il ministro — uno strumento per le persone avanti nell’età del lavoro, che non hanno ancora maturato il diritto alla pensione. Dobbiamo trovare il modo che chi perde il lavoro e non può ritrovarlo abbia almeno un reddito minimo per poter arrivare alla pensione».

Intanto nessun segno di ripresa dell’occupazion­e si registra nelle grandi imprese, quelle con almeno 250 addetti. A giugno non si è creato

Pensioni Rilanciata l’idea del mini assegno in anticipo per evitare il rischio esodati

un posto di lavoro in più rispetto a maggio e se il confronto si fa con giugno del 2013 si osserva una diminuzion­e dello 0,8% al lordo della cassa integrazio­ne e dello 0,5% al netto, dice l’Istat. Ed è sceso anche il numero di ore lavorate per dipendente: dell’1,2% in un anno. Rispetto a giugno del 2013, infine, la retribuzio­ne lorda e il costo del lavoro per dipendente sono aumentati rispettiva­mente del 2,2% e dell’1,6%. Dati, che seppure limitati alle grandi imprese, segnalano al governo le priorità: il rilancio dell’occupazion­e e il taglio del costo del lavoro. Sul primo punto l’esecutivo è intervenut­o col decreto che ha liberalizz­ato i contratti a termine e facilitato l’apprendist­ato e appunto con il Jobs act. Sul costo del lavoro, il governo ha ridotto del 10% l’Irap quando ha varato il bonus da 80 euro per i lavoratori dipendenti, promettend­o che avrebbe fatto di più nel 2015. Ma bisogna prima trovare le risorse.

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