Corriere della Sera

L’omaggio dell’astronauta Samantha alla pilota morta

Cristofore­tti nel giorno dei funerali: «Era mia amica. È stato un privilegio incontrare la sua allegria contagiosa»

- Riccardo Bruno

(foto di Orlando Salmeri)

Le note di una canzone per dirle addio, le parole in musica di Joni Mitchell omaggio ad Amelia Earhart, la prima donna a sorvolare da sola l’Oceano Atlantico, per salutare l’amica che non c’è più. «Godspeed Mary», «buon viaggio» le augura Sam. Sam è Samantha Cristofore­tti, capitano dell’Aeronautic­a che tra due mesi sarà la prima italiana nello Spazio. Mary è Mariangela Valentini, la pilota di Tornado morta il 19 agosto con altri tre colleghi sui cieli di Ascoli Piceno.

«Mary era una carissima amica» ricorda Samantha Cristofore­tti. Si erano conosciute a Pozzuoli, in Accademia, nel 2001. Future ufficiali, stesso corso, il Borea V, sorrisi e grandi progetti. L’ultimo incontro due mesi fa. «L’ho vista a giugno, in una giornata di festa — ricorda Cristofore­tti —. Porterò sempre con me il suo sorriso radioso di quel giorno, la sua gioia sincera e i suoi auguri calorosi per la mia missione nello Spazio. Purtroppo è volata più in alto lei».

Sam e Mary, molto di più che compagne di corso, un legame forte cementato dall’essere donne in un ambiente, nonostante tutto, maschile. «Dormivamo in letti adiacenti. Finché siamo partite per le scuole di volo per conseguire il tanto desiderato brevetto di pilota militare. Per quattro anni mi hanno accompagna­ta ogni giorno la sua forza d’animo, la sua allegria contagiosa, il suo senso della misura, la sua generosità».

Carriere di due donne destinate a distinguer­si nel gruppo. «Le fu assegnato il Tornado — prosegue l’astronauta —: un punto di arrivo prestigios­o, ma anche l’inizio Il saluto Da sinistra, i funerali delle quattro vittime, Mariangela Valentini e Samantha Cristofore­tti di un percorso di addestrame­nto molto difficile, che ha affrontato con serenità e determinaz­ione. Più spesso di quanto volesse in quanto donna era oggetto di interesse e di curiosità da parte dei media: schiva e riservata, viveva queste attenzioni con disagio, consapevol­e di appartener­e a una squadra e di non avere meriti particolar­e rispetto ai colleghi, se non quelli eventualme­nte dimostrati dai suoi risultati».

Ieri c’era anche Samantha Cristofore­tti confusa tra le duemila persone, militari e semplici cittadini, nell’hangar dell’aeroporto di Ghedi: sotto ampi paracaduti bianchi, quattro bare avvolte nel Tricolore e dentro i corpi di Mariangela Valentini, Paolo Piero Franzese, Alessandro Dotto e Giuseppe Palminteri.

«Godspeed Mary. È stato un privilegio averti avuta nella mia vita» le rende omaggio l’amica e collega. Dedicandol­e il brano sull’aviatrice americana che scomparve nel Pacifico tentando il giro del mondo.

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