Corriere della Sera

Ritorna Poirot, senza Agatha Christie Una ragazza in fuga, Londra di sera, un senso di minaccia: l’incipit del nuovo romanzo

Arriva il 9 settembre per Mondadori il libro di Sophie Hannah in cui rivive l’investigat­ore della giallista inglese Il belga ha il suo Watson

- Di SOPHIE HANNAH

«Dico solo che quella non mi piace» sussurrò la cameriera dai capelli ribelli. Fu un sussurro forte, che il solitario avventore del Caffè Pleasant poté udire senza difficoltà. Si domandò se la persona oggetto della discussion­e fosse un’altra cameriera o una cliente abituale come lui.

«Non deve piacermi per forza, no? Poi tu sei libera di pensarla diversamen­te».

«A me è sembrata simpatica» replicò la cameriera più bassa e dal viso tondo, meno convinta rispetto a qualche secondo prima.

«Si comporta in questo modo quando si sente ferita nell’orgoglio. Non appena si riprenderà, comincerà di nuovo a sputare veleno. È fatta al contrario. Ho conosciuto un sacco di gente così, non c’è da fidarsi».

«In che senso è fatta al contrario?» chiese la cameriera dal viso tondo.

Hercule Poirot, l’unico cliente del caffè alle sette e mezza appena passate di quel giovedì sera di febbraio, aveva capito cosa intendesse la cameriera dai capelli ribelli. Sorrise tra sé. Non era la prima volta che faceva un’osservazio­ne sagace.

«Una cattiveria può scappare a tutti, quando qualcosa va storto. È capitato anche a me, non ho problemi ad ammetterlo. E quando sono felice voglio che gli altri siano felici. È così che dovrebbe essere. Poi c’è chi è fatto come quella, che ti tratta peggio che mai quando le cose filano lisce. Bisogna stare in guardia dalla gente come lei».

« Bien vu » pensò Hercule Poirot. « De la vraie sagesse populaire ».

La porta del caffè si spalancò, sbattendo contro il muro. Una donna con un cappotto marrone chiaro e un cappello di un marrone più scuro si fermò sulla soglia. Aveva i capelli biondi. Poirot non riuscì a vederla in volto. Aveva girato la testa per guardare alle proprie spalle, come se stesse aspettando che qualcuno la raggiunges­se.

La porta era aperta da qualche secondo e già l’aria fredda della sera aveva scacciato tutto il calore dalla piccola sala. Di norma Poirot si sarebbe infuriato, ma il suo interesse fu solleticat­o dalla nuova arrivata, che aveva fatto un’entrata a effetto e non sembrava curarsi di dare una brutta impression­e di sé.

Poirot coprì la sua tazza di caffè con il palmo della mano, sperando di evitare che il contenuto si raffreddas­se. Quell’angusto locale dalle pareti storte in St Gregory’s Alley, una zona di Londra ben lungi dall’essere la più rispettabi­le della città, serviva il caffè migliore che Poirot avesse assaggiato in qualsiasi parte del mondo. In genere non beveva caffè né prima né dopo cena — al contrario, in circostanz­e normali una simile prospettiv­a lo avrebbe fatto inorridire —, ma ogni giovedì alle diciannove e trenta in punto, entrando al Pleasant, faceva un’eccezione a questa regola. Ormai quell’eccezione settimanal­e era diventata per lui una piccola tradizione.

Al caffè erano legate altre tradizioni meno piacevoli, come dover posizionar­e correttame­nte le posate, il tovagliolo e il bicchiere dell’acqua sul tavolo, che al suo arrivo trovava tutti storti. Per le cameriere, a quanto pareva, era sufficient­e disporli in un punto — uno qualsiasi — del tavolo. Poirot dissentiva e,

Icone

Agatha Christie (1890-1976). Di fianco, da sinistra: Sophie Hannah (1971); la copertina del libro; l’attore David Suchet interpreta Poirot subito dopo il suo arrivo, si premurava di ristabilir­e l’ordine.

«Scusate, signorina, vi spiacerebb­e chiudere la porta se state entrando?» gridò Capelli Ribelli alla donna con il cappello e il cappotto marroni, che stringeva lo stipite della porta con una mano continuand­o a guardare la strada. «O anche se non state entrando. Qui dentro rischiamo di congelare».

La donna entrò. Chiuse la porta, ma non si scusò per averla lasciata aperta tanto a lungo. Il suo respiro irregolare risuonò nella sala. Non sembrò accorgersi delle altre persone presenti. Poirot la salutò con un sommesso: «Buonasera». La donna lo guardò di sfuggita, senza rispondere. Aveva gli occhi sbarrati per un timore fuori dal comune, abbastanza potente da fare presa su uno sconosciut­o, come un contatto fisico.

Poirot non si sentiva calmo e soddisfatt­o come quando era arrivato. La sua tranquilli­tà era stata guastata.

La donna si accostò in gran fretta alla vetrina e guardò fuori. «Non vedrà quello che sta cercando» pensò Poirot tra sé. Osservando il buio della sera da una stanza bene illuminata è difficile scorgere qualcosa perché il vetro riflette soltanto un’immagine della stanza in cui ci si trova. Eppure continuò a guardare fuori per qualche tempo, come se non volesse perdere d’occhio la strada.

«Ah, sei tu » disse Capelli Ribelli con una nota d’impazienza. «Cosa c’è? Ti è successo qualcosa?»

La donna con il cappotto e il cappello marroni si voltò. «No, io...» Le parole uscirono come un singhiozzo. Poi ritrovò il controllo. «No. Posso prendere il tavolo nell’angolo?» Indicò il tavolo più lontano dalla porta affacciata sulla strada.

«Puoi sederti dove vuoi, tranne al tavolo occupato da quel gentiluomo. Sono tutti apparecchi­ati». Essendosi ricordata di Poirot, Capelli Ribelli gli disse: «La vostra cena sta cuocendo a puntino, signore». Poirot ne fu lieto. Il cibo al Pleasant era buono quasi quanto il caffè. In verità, consideran­do le due cose insieme, Poirot stentava a credere ciò che sapeva essere vero: che in quella cucina lavorasser­o esclusivam­ente inglesi. Incroyable.

Capelli Ribelli tornò a rivolgersi alla donna angosciata. «Sei sicura che è tutto a posto, Jennie? Sembra che ti sia trovata faccia a faccia con il diavolo».

«Sto bene, grazie. Mi serve solo una tazza di tè forte e caldo. Il solito, per cortesia». Jennie si affrettò verso un tavolo in fondo alla sala, superando Poirot senza degnarlo di uno sguardo. Lui spostò appena la sedia per poterla osservare. Senza dubbio le era capitato qualcosa; qualcosa di cui non le andava di discutere con le cameriere del caffè, evidenteme­nte.

Senza togliere né il cappotto né il cappello, si accomodò su una sedia che dava le spalle alla porta d’ingresso, ma un attimo dopo si voltò di nuovo a guardarsi alle spalle. Ora che poteva esaminarne il volto con più attenzione, Poirot stimò che avesse una quarantina d’anni. I grandi occhi azzurri erano fissi e sgranati. Sembravano trovarsi di fronte a un’immagine sconvolgen­te, rifletté Poirot, «faccia a faccia con il diavolo», come aveva osservato Capelli Ribelli. Tuttavia, a quanto Poirot poteva vedere, Jennie non aveva davanti niente del genere, solo la stanza quadrata con i tavoli, le sedie, l’appendiabi­ti di legno nell’angolo e gli scaffali incurvati sotto il peso delle innumerevo­li teiere di vari colori, modelli e dimensioni.

Protagonis­ti Con lui c’è anche Edward Catchpool, un giovane detective di Scotland Yard

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