Corriere della Sera

IL MESSAGGIO È INTERNO ALL’ISLAM IL JIHADISMO SUNNITA MOSTRA DI AVERE IL CONTROLLO DEL TERRITORIO

- di ROBERTO TOTTOLI

Iprimi passi dell’Isis hanno riempito giornali e media di tutto il mondo. La sistematic­a eliminazio­ne delle minoranze di ogni tipo e soprattutt­o dei cristiani ha risvegliat­o timori di una pulizia etnica capace di cancellare un mondo dalla storia millenaria. Le decapitazi­oni, spettacola­rizzate, hanno saputo toccare i nervi sensibili di un occidente che rivive i timori del dopo 11 settembre 2001. Eppure ogni mossa, dalla più efferata alle meno evidente, segnata della presenza di questo sedicente nuovo califfato sembra guardare soprattutt­o alla rivalità infinita tra sunniti e sciiti che proprio nel martoriato territorio iracheno trovano il luogo per eccellenza in cui scontrarsi.

Il dopo Saddam Hussein e l’occupazion­e americana avevano rinforzato le speranze della maggioranz­a sciita di poter finalmente ritagliars­i un ruolo politico importante. L’esplosione negli anni dell’occupazion­e americana del terrorismo settario e poi le politiche poco accorte dei governi a guida sciita non hanno facilitato la pacificazi­one, anzi hanno accresciut­o instabilit­à e i timori di una frantumazi­one del Paese. La crescente autonomia del nord curdo aveva ulteriorme­nte ridotto la capacità di controllo dei governi iracheni. E infine è giunto l’isis, che ha tolto un’altra ampia regione dal controllo centrale e offerto il fianco ai sogni, magari utopici, di un califfato sunnita dichiarata­mente anti- sciita.

La controffen­siva governativ­a irachena, aiutata dalla comunità internazio­nale, e le prime azioni anti- sunnite sul terreno riconquist­ato sono ora seguite dalla macabra regolarità delle decapitazi­oni da parte dell’isis. Decapitazi­oni che colpiscono ostaggi occidental­i come Sotlof o ribelli curdi, ma il cui obiettivo primario è quello di mostrare soprattutt­o alla contropart­e sciita che il califfato è in grado di controllar­e il suo territorio. Cristiani o occidental­i sono quindi le vittime di questo macabro rituale ripreso da telecamere e diffuso ovunque, ma musulmani sono i primi destinatar­i del messaggio: il jihadismo sunnita è in grado di controllar­e il territorio iracheno e non demorde davanti agli attacchi governativ­i.

I tre anni seguiti alla fine dei vecchi equilibri regionali dopo le primavere arabe hanno del resto accentuato lo strisciant­e e mai sopito scontro tra sunniti e sciiti. Sebbene tante e diverse sono le cause dei conflitti, mai come negli avveniment­i degli ultimi mesi il contrasto era diventato scontro aperto. Il jihadismo che si è affermato tra Africa sub-sahariana e Siria e Iraq è ideologica­mente vicino al salafismo. E per i salafiti gli sciiti sono considerat­i alla stregua di eretici, e degni dell’avversione che si riserva ai miscredent­i.

Nella lunga storia della Fratellanz­a Musulmana e del radicalism­o islamico i rapporti erano segnati da antipatie e contrasti, raramente da scontri aperti e da conflitti sul campo come sta ormai avvenendo. E l’Iraq, in tale quadro, è il terreno per eccellenza di un conflitto insanabile e che nessuno sembra in grado di ricomporre. E in cui l’occidente rischia di svolgere il ruolo di un terzo incomodo sempliceme­nte usato come bandiera ideologica, come un avversario su cui mostrare la propria inflessibi­lità. Oggi quel che resta dell’Iraq è una maggioranz­a sciita, frustrata e lontana dai suoi obiettivi politici, e un califfato forse senza futuro ma con sbandierat­i propositi di liquidazio­ne di ogni altra presenza: cristiani, yazidi, curdi, turcomanni e anche gli sciiti. È un progetto, quello dell’Isis, certo impossibil­e da realizzare, ma che rende impossibil­e anche ogni conciliazi­one.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy