Corriere della Sera

L’appello antirigore degli economisti Bruegel: «Senza crescita impossibil­e rispettare le regole»

Per il think tank presieduto da Mario Monti l’italia non ce la farà a rispettare gli impegni entro il 2019

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Luigi Offeddu loffeddu@corriere.it

BRUXELLES — «Sia per la Francia che per l’Italia sarà molto difficile raggiunger­e gli obiettivi di contenimen­to del deficit nei prossimi anni. Inoltre, l’Italia non adempirà alla regola di riduzione del debito pubblico nell’arco di tempo 2016-2019…». Da questa mattina, i presidenti designati della Commission­e europea, dell’Europarlam­ento e del Consiglio europeo, come i nuovi commissari europei, avranno sulle loro scrivanie questa e altre previsioni non precisamen­te confortant­i, contenute nel dossier intitolato «Appunti per la nuova leadership europea». Si tratta di una letteraapp­ello, o meglio di una frustata siglata dagli studiosi dell’Istituto Bruegel, un think tank di Bruxelles che ha come presidente onorario Mario Monti (il dossier sarà consultabi­le anche sul sito Internet dello stesso istituto, www.bruegel.org).

Alle previsioni cupe, si uniscono comunque anche le proposte per uscire dal cunicolo della recessione: project bonds, incremento degli investimen­ti pubblici in tutti i Paesi, sostegno più deciso a quelli privati.

Il dossier si apre con questo monito: «Senza crescita, diventerà impossibil­e rispettare le regole di bilancio». Sembra così ribaltata la visione «merkeliana» dominante negli ultimi anni, la ricetta rigorista che ha sempre affermato un preciso ordine di priorità: prima risanare i conti, e dai conti risanati ripartirà poi la crescita. Naturalmen­te il documento non nega in toto questo principio, ma intanto accende i fari su tre Paesi che necessitan­o «un’attenzione speciale per via della loro grandezza: Francia, Germania e Italia». Perché «rappresent­ano due terzi della zona euro e metà del Prodotto interno lordo europeo » . La Germania è «in buona salute con una bassa disoccupaz­ione e le finanze pubbliche sotto controllo. Ma il suo investimen­to (pubblico, ndr) resta alquanto debole…». La situazione in Francia e in Italia è invece «molto meno promettent­e: la disoccupaz­ione è pericolosa­mente alta e le finanze pubbliche sono eccessivam­ente sotto sforzo». Conclusion­e inquietant­e, anche per i Paesi intorno: «Ulteriori difficoltà economiche in una di queste due nazioni potrebbero riaccender­e i problemi nella zona euro, dove la situazione economica rimane fragile».

Torna la solita domanda di gusto «sovietico»: che fare? Il dossier rammenta ai leader Ue e ai commissari europei che «avete una capacità di azione limitata su questi tre Paesi (Germania compresa, ndr). Per la Francia e l’Italia, la Commission­e ha a sua disposizio­ne l’arsenale delle regole di bilancio, ma le dimensioni degli stessi Paesi concedono loro un potere negoziale, e tutti lo sanno».

Viene allora proposta una medicina che, secondo gli studiosi del Bruegel, potrebbe curare il malessere di Italia e Francia, ma anche quello della Ue intera: il Consiglio europeo dovrebbe spingere per un incremento degli investimen­ti pubblici nella Ue «di almeno 100 miliardi nel 2015 e 2016». Circa una metà di questa somma «dovrebbe essere il prodotto delle politiche nazionali di bilancio, attraverso l’incremento degli investimen­ti pubblici e la creazione di nuovi incentivi per quelli privati». E ancora: «Voi dovreste inoltre chiedere, a quegli Stati ancora dotati di spazio fiscale (cioè di manovra nelle manovre pubbliche, ndr), di fermare ogni esagerazio­ne nella corsa al raggiungim­ento degli obiettivi di bilancio». L’altra metà dei programmi di investimen­to dovrebbe essere perseguita a livello della Ue, «aumentando il capitale di base della Banca europea degli investimen­ti e incrementa­ndo i project bonds».

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