Non basta la moneta per ritrovare fiducia
Caro direttore, grande attesa oggi per la risposta della Banca centrale europea agli appelli perché imbracci il bazooka monetario e spari alle nostre economie un’ulteriore dose di «monetadone». Ma quando manca la fiducia, una politica monetaria espansiva come il Quantitative easing (Qe), in cui la Banca centrale compra sul mercato attività finanziarie, è un palliativo e riesce solo a tamponare, rinviare e trasferire i problemi senza risolverli.
Il Qe gonfia i prezzi delle attività finanziarie. La speranza è che l’effetto ricchezza induca i risparmiatori a spendere, sempre che si sentano rassicurati, invece che terrorizzati, da prezzi di obbligazioni ed azioni manipolati al rialzo dalle banche centrali.
Del resto cosa infonde più fiducia: un mercato che presenta merce scadente a prezzi gonfiati o uno che offre merce di qualità a prezzi interessanti? Quando lo spread Btp-Bund era sopra il 4%, studi autorevoli dimostravano, giustamente, quanto fosse esagerato ma indicavano come appropriato un livello dello 0,5% più alto di quello attuale malgrado non siano migliorate le prospettive delle nostre finanze pubbliche.
La Bce vorrebbe indurre le banche a prestare alle aziende ma scarseggia la domanda di chi il credito lo meriterebbe e la debolezza patrimoniale delle banche, che la crisi finanziaria ha evidenziato, è stata solo parzialmente corretta.
Le conseguenze inflattive del Qe non si sono materializzate. C’era chi le temeva e chi le auspicava perché la deflazione rende i debiti eccessivi insostenibili. Ma Spagna e Irlanda hanno vissuto una correzione al ribasso del proprio costo del lavoro che ne sta rilanciando la competitività e hanno ristrutturato i debiti eccessivi che avevano accumulato (nel loro caso nel settore privato).
Sul fronte opposto, la Germania, malgrado gli impegni europei, non ha fatto la sua parte stimolando la propria domanda interna per correggere i suoi persistenti surplus commerciali che drenano domanda dagli altri Paesi. Non ha contribuito al riequilibrio di un’Eurozona che pure si è sostanzialmente accollata il salvataggio delle banche anche tedesche dalle conseguenze che la deflazione avrebbe dovuto avere sui crediti che avevano accumulato verso i Paesi importatori netti. La svalutazione dell’euro, che si spera il Qe induca, non migliorerebbe gli squilibri interni all’Eurozona.
Tassi di interesse artificialmente bassi hanno anche un effetto deprimente sulla spesa di chi conta anche sui rendimenti dei propri risparmi. E deprimono anche chi i risparmi deve cominciare ad accumularli e
La Bce vorrebbe indurre a prestare alle aziende, ma scarseggia la domanda di chi il credito lo meriterebbe
non solo deve comprare titoli dai prezzi artificialmente alti ma capisce che ne avrà un rendimento modesto. E è quindi costretto a risparmiare di più.
C’è chi, come Summers, attribuisce all’eccesso di risparmio una situazione di stagnazione secolare che giustificherebbe tassi d’interesse reali negativi e un aumento della spesa pubblica. Ma l’eccesso di risparmio è nei 18-20.000 miliardi di dollari di risparmio forzoso accumulato dagli stati sotto forma di riserve valutarie e fondi sovrani. Tutta ricchezza sottratta ai loro cittadini. E concentrata in portafogli enormi, quindi ingestibili, in mano a burocrati che dominano i mercati finanziari ma che non hanno obiettivi compatibili con il finanziamento degli imprenditori eventualmente disposti ad investire.
È bene non accendere speranze di crescita che andranno deluse: data la diminuzione in prospettiva della forza lavoro in Europa continentale, i tassi di crescita dei Paesi con una demografia più favorevole resteranno per noi inarrivabili. Possiamo però aumentare l’efficienza dei processi produttivi attraverso un miglioramento delle condizioni quadro del nostro Paese. Sono le riforme di cui si parla da anni e per le quali in maggio abbiamo dato un chiaro mandato all’attuale presidente del Consiglio.
Per ridare fiducia, più del torpore indotto dal «monetadone», servirebbe un lucido risveglio per affrontare la difficile realtà del nostro Paese e di un’Eurozona ancora disfunzionale.