Corriere della Sera

L’america invia altri soldati (in cerca di una coalizione) «Vi inseguirem­o all’inferno»

Gli Usa mandano 350 militari mentre piccoli team di forze speciali dirigono già i raid in Iraq

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WASHINGTON — Sono stati i curdi a indicarne la presenza a bordo di polverosi Suv: forze speciali americane e tedesche. Piccoli team che hanno agito nella zona di Zumar, a nordovest di Mosul, per guidare da terra le incursioni degli aerei americani. E dare una mano alla eretica coalizione che mette insieme Usa, milizie sciite, partigiani curdi d’ogni tendenza, compreso il Pkk, con a chiudere gli iraniani. Ben rappresent­ati. Ieri circolava una foto del generale iraniano Qassem Suleimani, capo della Divisione Qods e pro-console dei mullah in Iraq. L’avrebbero scattata a Amerli, dopo la cacciata dell’Isis. Vai a sapere se è autentica, ma non sarebbe una sorpresa in questa stagione di grandi sconvolgim­enti legati dalla paura dell’Isis.

Ieri la Casa Bianca, sempre sotto schiaffo per aver detto poco sulle decapitazi­oni degli ostaggi e fatto ancora meno, ha reagito. Prima con Obama dal Baltico: «Non ci faremo intimidire da un gesto disgustoso. Non dimentiche­remo e giustizia sarà fatta. Vogliamo degradare e distrugger­e Isis». Poi dal vice John Biden: «Inseguirem­o i terroristi fino alle porte dell’Inferno, perché è lì che vivono». Il presidente ha poi ordinato la partenza di altri 350 soldati alla volta di Bagdad. Con questi elementi lo schieramen­to americano sul terreno è così composto: 820 marines per garantire la sicurezza dell’ambasciata, 300 nel centro di coordiname­nto curdo di Erbil. Un po’ pochi per l’impegno «a lungo termine» previsto dallo stesso Obama. Che ha bisogno di rinforzi, ma non solo statuniten­si.

Gli Usa puntano a coinvolger­e i Paesi della Nato disponibil­i e cercano di smuovere i furbetti della regione. Governi e regimi che tuonano, ma poi procedono lungo vie tortuose. Per coprirsi le spalle e lasciarsi sempre una via d’uscita con i clienti locali. «Se c’è una coalizione — ha affermato Obama — l’Isis diventa una problema gestibile». Preoccupat­o il segretario alla Difesa, Chuck Hagel: «Il movimento controlla metà dell’Iraq e metà della Siria». Pragmatico il direttore del centro antiterror­ismo Matthew Olsen: «Non sono invincibil­i, ma rappresent­ano una minaccia diretta contro gli Stati Uniti e vogliono prendere il posto di al Qaeda». Che li teme. Ieri è riapparso in video, dopo una lunga pausa, il leader Ayman al Zawahiri protagonis­ta di un contrasto con il capo dell’Isis, al Baghdadi. Curiosamen­te ha dedicato il suo discorso all’apertura di Al Qaeda nel subcontine­nte indiano. Interessan­te ma periferico rispetto al vulcano mediorient­ale.

Il nuovo nemico richiede nuove soluzioni. Gli strateghi, da mesi, hanno spiegato che l’Isis è capace di adattarsi alle tattiche americane. Per ora i jihadisti hanno incassato i colpi dell’aviazione Usa che ha distrutto dozzine di mezzi disseminat­i a protezione del territorio conquistat­o. Missioni abbastanza facili per droni e caccia. Lo scenario, però, potrebbe cambiare presto con una dispersion­e dell’Isis. Gli esperti aggiungono che al Baghdadi guida con durezza i mujahedin lasciando autonomia ai dirigenti locali. Un sistema per rendere più snello il movimento, favorire l’integrazio­ne con l’ambiente civile (sunnita) e renderlo resistente alle inevitabil­i perdite. Ieri si parlava di una cinquantin­a di militanti uccisi a Falluja.

I guerriglie­ri potrebbero rinunciare ad una parte dell’arsenale conquistat­o — come tank e blindati — affidandos­i invece ai soli pick up armati. Al tempo stesso è prevedibil­e che gli islamisti aumentino i rifugi nei centri abitati. Così sarà più difficile individuar­e i bersagli. La popolazion­e potrà collaborar­e spontaneam­ente, magari in nome dell’opposizion­e a sciitiUsa. Se qualcuno ha altre idee, l’Isis ha i suoi rimedi. La legge del terrore, con le fucilazion­i di gruppo o le crocifissi­oni, sono un deterrente sufficient­e a ammorbidir­e i testardi.

In una recente analisi apparsa sul New York Times si sostiene che un terzo degli ufficiali che assistono il Califfo nelle operazioni in Siria e Iraq hanno avuto un

«Problema gestibile» «Se c’è una coalizione, l’Isis diventa un problema gestibile», dice Obama. Vuole coinvolger­e alleati Nato e del Golfo

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