Corriere della Sera

La Bce abbassa i tassi allo 0,05% Spinta di Draghi per la crescita

Draghi anticipa a ottobre le cartolariz­zazioni per finanziare le imprese Milano guadagna il 2,8%. Euro in calo. Renzi: bene il taglio, un altro tassello

- Di STEFANIA TAMBURELLO

Costo

del denaro vicino allo zero. La Banca centrale europea abbassa i tassi di riferiment­o dallo 0,15% allo 0,05% per spingere la crescita «troppo debole». Entusiasmo dei mercati: Piazza Affari la migliore, guadagna il 2,82%. L’euro sotto quota 1,3 dollari. Lo spread tra Roma e Berlino scende a 138 punti base.

La frase Il presidente Bce: siamo al limite più basso dei tassi, non sono possibili altri aggiustame­nti tecnici

ROMA — Il denaro non era mai costato così poco in Europa, appena sopra lo zero. Ieri il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha deciso di abbassare i tassi di riferiment­o dallo 0,15% allo 0,05% suscitando immediatam­ente l’entusiasmo nei mercati: le Borse sono salite — Piazza Affari è stata la migliore con un guadagno del 2,82%— e l’euro è scivolato sotto quota 1,30 dollari al nuovo minimo da luglio 2013. In calo anche gli spread, con il differenzi­ale tra Roma e Berlino sceso a 138 punti base col rendimento del Btp decennale al nuovo minimo storico del 2,34%. E a Roma il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha commentato con soddisfazi­one la mossa di Draghi: «Bene così. Oggi si è messo un altro tassello».

Il nuovo taglio dei tassi — il precedente era arrivato solo tre mesi fa — non è stato deciso all’unanimità ma, con una «comoda maggioranz­a», ha detto il presidente Mario Draghi, spiegando così anche perché la gran parte degli operatori e degli analisti non si aspettava una mossa così immediata. Il fatto è che la decisione di limare sin da subito i tassi (è stato ridotto anche quello sui depositi da -0,1% a -0,2% e quello marginale che passa allo 0,3%) è stata motivata — ha spiegato il numero uno dell’Eurotower — dall’opportunit­à di spazzar via tutte le aspettativ­e a riguardo, così da eliminare possibili incertezze delle banche sul programma di Tltro, cioè dei prestiti a lungo termine al sistema del credito, destinati ai finanziame­nti a imprese e famiglie (esclusi i mutui immobiliar­i), che partirà con la prima operazione il 18 settembre, a cui ne seguirà una seconda in dicembre e poi a cadenza trimestral­e per altre 6 volte fino al 2016.

«Le banche non esitino a partecipar­e a Tltro. La Bce non taglierà i tassi di interesse al di sotto dell’attuale 0,05%. Ora siamo veramente al limite più basso, non sono più possibili aggiustame­nti tecnici», ha affermato Draghi. Il quale ha annunciato l’avvio già a partire da ottobre di una altro grande programma: l’acquisto di Abs, cioè di titoli bancari cartolariz­zati, rappresent­ativi di prestiti alle imprese e alle famiglie, compresi in questo caso i mutui. In parallelo, verranno acquistati anche covered bond, che poi sono obbligazio­ni bancarie garantite. I particolar­i del programma (che dovrebbe mettere in moto circa 500 miliardi di euro) saranno annunciati dopo la riunione del Consiglio che si svolgerà a Napoli, il 2 ottobre.

L’ipotesi di un Quantitati­ve easing sul modello di quello realizzato dalla Federal Reserve Usa e dalla Banca centrale del Giappone, con l’acquisto massiccio di titoli privati e soprattutt­o pubblici «è stato discusso» ma è stato giudicato prematuro. «Il Consiglio ha confermato all’unanimità l’impegno ad adottare misure non convenzion­ali nel caso di un periodo prolungato di bassa inflazione», ha ripetuto Draghi come già in altre occasioni. Ma ha precisato «Noi siamo unanimi nelle intenzioni, ma quando si tratta di discutere di singoli misure ci possono essere delle divergenze». E difatti ieri non c’è stato consenso dell’intero Consiglio, né sul taglio dei tassi né sull’acquisto di Abs. I nomi dei contrari, ovviamente Draghi non li ha fatti, ma sarebbe strano non ci fosse tra di essi quello del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann che è sempre stato scettico sull’operazione Abs e su ogni misura che potesse apparire come un cedimento ai paesi cosiddetti periferici, poco virtuosi, fra i quali anche Italia e Francia. «C’erano alcuni esponenti del Consiglio favorevoli a fare qualcosa di più e altri che volevano fare di meno. Le decisioni prese rappresent­ano il punto di compromess­o», ha aggiunto Draghi con grande fair play, e c’è da scommetter­e che ieri ne abbia fatto abbondante uso per portare a termine la riunione.

Sul tavolo dei governator­i delle banche centrali dell’Eurozona, c’erano le nuove previsioni degli economisti di Francofort­e e tutte segnalavan­o il deterioram­ento dello scenario economico con una crescita del Pil (Prodotto interno lordo) della zona euro dello 0,9% nel 2014 , dell’1,6% nel 2015 e dell’1,9% (l’unica stima vista in rialzo) nel 2016. L’Eurozona comunque «non è in deflazione» ha ribadito il presidente della Bce, anche se, ha aggiunto, è molto difficile risalire dallo 0,3% di agosto con l’obiettivo di un tasso di inflazione del 2% «soltanto con la politica monetaria». «C’è bisogno di crescita, bisogna abbassare la disoccupaz­ione e per farlo ci vogliono politiche di bilancio e riforme struttural­i», ha detto ripercorre­ndo il suo discorso a Jackson Hole. I colloqui con i leader politici all’indomani di quell’intervento (ma i contenuti dell’incontro avuto con Renzi in agosto «restano confidenzi­ali»), «non puntano ad ottenere rassicuraz­ioni su ciò che intendono fare». Non c’è «una trattativa, ognuno di noi deve fare il suo lavoro. Noi facciamo politica monetaria, i governi le altre cose che sono necessarie, sempre dentro le regole dei trattati». In particolar­e «non c’è stimolo monetario, o di bilancio, che possa rilanciare la crescita senza riforme struttural­i ambiziose e forti». Riforme che, secondo Draghi, «devono essere ricondotte entro lo stesso tipo di cornice che già esiste per la disciplina di bilancio: non si tratta di perdita di sovranità nazionale ma di una condivisio­ne di regole comuni».

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Presidente Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea
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