Corriere della Sera

Ucraina a un passo dalla tregua

L’annuncio del presidente al vertice Nato. Ma Usa e Ue: servono nuove sanzioni

- Di MASSIMO GAGGI, MARIA SERENA NATALE, PAOLO VALENTINO

La crisi in Ucraina al centro della prima giornata del vertice Nato in corso a Newport (Galles). Kiev e Mosca sono a un passo dalla tregua, mentre già oggi potrebbero essere quantifica­te le nuove sanzioni contro la Russia. (Nella foto, da sinistra, Hollande, Poroshenko, Obama, Cameron, Merkel e Renzi)

NEWPORT (Galles) — La parata aerea che oggi chiuderà i lavori del vertice della Nato riunito nel Celtic Manor Resort di Newport, in Galles, sarà aperta da un Typhoon della Raf, costruito dal consorzio europeo Eurofighte­r, seguito da due Mig 29 di fabbricazi­one russa, in dotazione dell’aviazione della Polonia e di un altro Paese dell’Alleanza. Un’immagine simbolica della situazione complessa e contraddit­toria che l’organizzaz­ione militare dell’Occidente — allargatas­i negli ultimi anni fino a comprender­e 28 Stati membri e più di 30 Paesi associati — si trova a dover affrontare in quello che è, forse, il summit più importante della sua storia: a sudest la nuova minaccia di un quasi-Stato terrorista, l’Isis, a cavallo tra Siria e Iraq; a sud i conflitti in Nord Africa, col disfacimen­to dello Stato libico; ma, soprattutt­o, la contrappos­izione ad est con la Russia che, diventata un partner associato alla Nato dopo la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzio­ne dell’Urss e del Patto di Varsavia, torna ora a essere un avversario temibile con l’invasione «mascherata» dell’Ucraina.

Proprio l’Ucraina è stata al centro della prima giornata del vertice, con la determinaz­ione degli Alleati a sostenerla sul piano economico e anche con aiuti militari «non letali» che potrebbero essere illustrati in dettaglio e quantifica­ti già oggi, e anche con un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Qui, però, l’annuncio di un possibile cessate il fuoco che proprio il presidente ucraino Poroshenko ha dato durante l’incontro coi leader di Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia, Germania e Francia, ha prodotto qualche crepa nella compattezz­a del fronte alleato: americani e inglesi pronti ad annunciare subito il nuovo pacchetto di misure punitive, Francia e altri partner europei propensi ad aspettare ancora qualche giorno per verificare se, dopo tre mesi di combattime­nti, sul fronte orientale è arrivato davvero il momento della tregua.

Ieri sera, dopo un appello americano alla compattezz­a («le sanzioni sono più efficaci se le decidiamo tutti insieme», ha avvertito il vicecapo del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, Ben Rhodes), si è rimessa al lavoro la diplomazia. Gli europei potrebbero partecipar­e già oggi alla definizion­e delle nuove sanzioni, salvo poi graduarne l’applicazio­ne in base all’esito della tregua. Poroshenko ieri si è detto, comunque, pronto a ordinarla a partire dalle ore 14 locali di oggi. Un impegno benedetto a parole dal presidente russo Putin e condiviso anche da Alexander Zakharchen­ko, capo dei ribelli della autoprocla­mata Repubblica popolare di Donetsk. È la prima volta che vengono presi tanti impegni e che anche gli insorti promettono di deporre le armi, ma pochi credono che assisterem­o davvero a una cessazione delle ostilità, al rilascio degli ostaggi, al ritiro dei soldati irregolari arrivati dalla Russia: non ci credono, ad esempio, gli abitanti di Mariupol, la città portuale affacciata sul Mar d’Azov, che si sono organizzat­i in forza di difesa popolare per resistere agli attacchi dei ribelli che proprio in queste ore sono all’offensiva nel tentativo di creare una fascia di territorio occupato dai filorussi che vada dalla frontiera della Federazion­e fino alla Crimea.

Dopo una sessione dedicata all’Afghanista­n dove si sta concludend­o il più lungo e imponente impegno militare affrontato dalla Nato nella sua storia, gli Alleati hanno discusso dell’Ucraina che non è (e non diventerà) membro della Nato ma che ha con essa un accordo di associazio­ne. Il Patto Atlantico parteciper­à ad esercitazi­oni militari nella parte occidental­e del Paese (non quelle in cui ci sono scontri in atto), mentre vari Paesi, tra i quali l’Italia, sono pronti a inviare aiuti al governo di Kiev.

Dell’Iraq e della minaccia dell’Isis si discuterà più specificam­ente oggi, ma già ieri Obama e il premier britannico Cameron hanno fatto sentire la loro voce ribadendo, in un incontro e in un articolo scritto a quattro mani per il Times di Londra, che Stati Uniti e Gran Bretagna non solo non si faranno intimidire dalla barbarie dei terroristi che hanno decapitato due giornalist­i americani e che minacciano di fare altrettant­o con un ostaggio inglese, ma sono decisi a «disgregare e sconfigger­e» l’Isis. Londra è pronta ad affiancare gli americani nei raid aerei sull’Iraq e a inviare, se necessario, soldati in missione di addestrame­nto, mentre il Segretario generale uscente della Nato, Rasmussen, non ha escluso che ai bombardame­nti possano partecipar­e anche i jet dell’Alleanza, se arriverà una richiesta in questo senso da parte del governo di Bagdad.

Anche qui, però, emerge qualche crepa con Cameron, deciso a non pagare per la liberazion­e dei suoi cittadini catturati dall’Isis, che ha invitato gli altri Alleati a smettere di versare riscatti milionari: comportame­nti che oggettivam­ente rafforzano quella che è ormai considerat­a la più potente e pericolosa organizzaz­ione terroristi­ca di tutti i tempi.

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Intesa Obama e Cameron protagonis­ti a Newport

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