«Arriveremo a toglierci le divise»
Poliziotti e carabinieri: paghe ferme già da quattro anni. I problemi per gli straordinari limitati e le promozioni senza scatti
ROMA — La rassicurazione era arrivata forte e chiara il 28 luglio scorso, affidata al sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi: «Riuscire ad anticipare lo sblocco delle retribuzioni, rispetto alla naturale scadenza del 2015, è un chiaro segnale di attenzione che il governo vuole dare alle donne e agli uomini in divisa. Continuerò a battermi affinché quanto accaduto non si ripeta mai più, anche perché il blocco è stato un’offesa al senso del dovere e allo spirito di servizio degli operatori della difesa, della sicurezza e del soccorso, spinto a volte fino all’estremo, ovvero a quella specificità da tutti sempre riconosciuta a parole ma mai concretizzata realmente». Offesa, questo aveva detto il rappresentante del governo. Ma le sue promesse non sono state mantenute e inevitabile è esplosa la rabbia.
La riunione congiunta convocata ieri mattina da sindacati e Cocer e terminata con una sfida aperta all’esecutivo è soltanto l’ultimo passo di un negoziato che ha avuto fasi alterne ha fatto sapere prima informalmente e poi con le dichiarazioni di due giorni fa del ministro Marianna Madia che gli stipendi sarebbero rimasti bloccati. E dunque che non si sarebbe intervenuti anche per porre rimedio a una situazione paradossale che vede, in moltissimi casi, i dirigenti degli uffici guadagnare meno dei propri sottoposti. Il blocco ha infatti impedito a chi è stato promosso di ottenere l’aumento legato al passaggio di livello di cui invece ha goduto chi è stato promosso prima del 2010. Per fare un esempio, basti dire che ci sono questori che guadagnano meno del proprio vicario.
Lo sa bene Gianni Tonelli, il segretario del Sap che da oltre due mesi ha mobilitato gli iscritti proprio contro le politiche di governo in materia di sicurezza con manifestazioni di piazza e appelli ai cittadini. E adesso sottolinea come «la perdita netta per una qualifica medio bassa oscilla tra i 400 e i 500 euro netti mensili, circa 6.000 euro l’anno. Un sacrificio che non possiamo permetterci. Non solo. Poiché a causa del tetto stipendiale la legge impedisce agli stipendi di crescere anche soltanto di un centesimo, molti poliziotti e carabinieri non possono superare un certo numero di ore di straordinario. Risultato: i dirigenti, i questori, i comandanti sono costretti a organizzare servizi e impieghi tenendo conto di avere personale che non potrà essere pagato se a fine anno le sue ore di lavoro determineranno un incremento salariale che farà sforare il tetto».
Il clima è pesantissimo, come fa ben comprendere Alessandro Rumore del Cocer carabinieri quando annuncia che «siamo pronti a protestare togliendoci la divisa anche a costo di violare quella legge che ci vieta lo sciopero, pur di far comprendere in quale situazione di disagio siamo costretti a lavorare e a vivere. Ormai siamo in uno stato di abbandono da parte dello Stato che con una mano ci toglie quanto ci spetta e con l’altra mano ci spinge a dover fare ancor più energicamente il nostro dovere. Solo il fatto di far parte di una grande famiglia, accompagnato da una disciplina militare e aggiunta alla professionalità di operatore della sicurezza, non ha fatto demordere dal compiere il proprio dovere tanti carabinieri, che oggi stringendo i denti e accantonando i problemi familiari, dedicano la propria vita in favore della sicurezza pubblica. Problemi familiari che si riversano nelle tante separazioni e nei tanti suicidi che hanno visto l’Arma di oggi protagonista in un dato drammatico ma che per molti è solo un dato statistico». e che appariva concluso positivamente proprio agli inizi di agosto quando i rappresentanti delle forze dell’ordine avevano fatto sapere che avrebbero attinto ai propri capitoli di bilancio pur di riuscire a «smuovere» gli stipendi. Una soluzione per non gravare sulle casse dello Stato, ma rispondere alle istanze «di migliaia e migliaia di dipendenti statali in divisa che ormai dal 2010 non ricevono alcun adeguamento ai loro stipendi». Perché, come spiega il generale Bruno Bartoloni, presidente del Cocer della Guardia di Finanza, «noi ci rendiamo conto delle condizioni di difficoltà del Paese e non abbiamo chiesto né aumenti, né rinnovo del contratto limitandoci a sollecitare esclusivamente che ci venga riconosciuto quanto ci spetta. Dobbiamo dirlo, dobbiamo far sapere ai cittadini che questo blocco è un’indecenza».
Non è servito. Nonostante la disponibilità dei vertici di forze dell’ordine e Forze Armate, il governo