Corriere della Sera

Il Tar stana i politici: ora si voti

Ancora in sella dopo le dimissioni di Scopelliti

- Di GIAN ANTONIO STELLA

«Piantatela»: il Tar calabrese ha deciso di metter fine ai giochetti della maggioranz­a di destra che, dopo le dimissioni forzate del governator­e Scopelliti, si è imbullonat­a alle sedie tentando di rinviare sine die le elezioni. Basta, hanno detto i giudici: al voto.

Un riassunto della telenovela? Prima puntata: il 27 marzo Giuseppe Scopelliti è condannato a sei anni di carcere per reati commessi quando era sindaco di Reggio e viene automatica­mente sospeso per la legge Severino da presidente della giunta. Seconda puntata: per un mese abbondante non succede niente. Solo melina. Terza puntata: il 29 aprile, finalmente, il governator­e si dimette. Quarta puntata: per l’intero mese di maggio il consiglio regionale finge di non sapere della condanna e delle dimissioni mentre il presidente dell’assemblea, Francesco Talarico, assicura che «nessun consiglier­e è abbarbicat­o alla poltrona» ma la legge «prevede che i Consigli rimangono comunque in carica». Quinta puntata: il 3 giugno, nove settimane dopo la condanna, il consiglio regionale viene informato (che fretta c’era mai?) di quanto è successo. Sesta puntata: scioccata dalla catastrofe elettorale alle Europee, dove ha perso 400 mila voti rispetto alle Regionali del 2000 riducendos­i al consenso di un calabrese su sette, la maggioranz­a di destra sceglie di guadagnar tempo.

E vota, manco fosse nella pienezza dei poteri, l’introduzio­ne dei «consiglier­i supplenti» destinati a prendere il posto di quelli nominati assessori e una nuova legge elettorale con una mostruosa soglia minima del 15% per chi non fa parte di una coalizione. Una specie di «Porcellum di Troia» escogitato apposta, secondo i più maliziosi conoscitor­i delle furbizie levantine, per essere impugnato dal governo e finire davanti alla Corte costituzio­nale. Col conse- guente guadagno di altre settimane o mesi.

Il tutto con tre obiettivi: non votare nella scia della condanna di Scopelliti e della stangata elettorale europea, tener duro accumuland­o più anzianità contributi­va possibile data l’abolizione già decisa dei vitalizi a partire dalla prossima legislatur­a ma più ancora gestire una serie di nomine di sottogover­no (nomine poi bocciate dall’avvocato dello Stato e dal ministero della Salute, ad esempio) e l’avvio del processo decisional­e sui nuovi bandi europei 2014-2020, occasione forse irripetibi­le per ammiccare ai potenziali elettori facendo loro intraveder­e la possibilit­à di appalti, contributi, consulenze...

E la sinistra? Muta. O quasi. Non tanto o non solo per qualche inconfessa­bile accordicch­io con la destra ma perché, spaccatiss­imo, il Pd non era proprio in condizioni di lanciare un candidato vincente che mettesse d’accordo tutti. Candidato che, tra parentesi, dovrebbe esser deciso con le primarie nelle prossime settimane. Risultato: un galleggiam­ento di settimane e settimane. Contestato dai grillini, da qualche giornale e da poche voci fuori dal coro come quelle di Mimmo Talarico, Demetrio Naccari Carlizzi, pochi altri... Finché il 18 luglio l’avvocato Gianluigi Pellegrino, a nome del Movimento per la difesa del cittadino, che già aveva vinto una battaglia simile per le elezioni nel Lazio dopo le dimissioni di Renata Polverini anche lì seguite da mesi di paralisi attendista, non aveva presentato un ricorso al Tar chiedendo immediata convocazio­ne dei comizi elettorali.

Di più: proprio per stanare destra e sinistra, Pellegrino era andato oltre. Mandando una diffida a Matteo Renzi per ricordargl­i che Palazzo Chigi aveva «il potere-dovere di sostituirs­i agli organi della Regione in presenza di gravi irregolari­tà che incidano tra gli altri sui diritti essenziali e sui principi cardine dello Stato democratic­o». Di più: poiché tutte le regole erano state violate ed era stata stravolta perfino la legge che dà al prefetto il compito di indire le elezioni (compito affidato dalla destra calabrese alla «vice» di Scopelliti!) il governo doveva intervenir­e immediatam­ente per ripristina­re la legalità. Risultato della diffida? Lo smistament­o al ministro dell’Interno: vedesse lui cosa fare, di questa grana...

Finché ieri, finalmente, è arrivata l’ordinanza del Tar. Che ricorda come la Corte costituzio­nale, a dispetto di quanto sostenuto dai furbetti e dai teorici del rinvio, avesse già stabilito nel giugno 2013 a proposito del voto in Abruzzo che le elezioni in questi casi devono proprio «avere luogo» e non sempliceme­nte essere indette entro «tre mesi» dalla caduta della giunta. Come è possibile, dunque, tirare in lungo per cinque o sei? Basta: «entro 10 giorni» queste benedette elezioni devono essere convocate. Fine del tormentone.

Era ora. Si voterà quindi, con ogni probabilit­à, ai primi di novembre. In abbinata con le regionali in Emilia-Romagna e le comunali di Reggio Calabria. Sempre che, si capisce, chi proprio non se ne vuole andare non si faccia venire qualche altra pensata...

 ??  ?? Ex presidente Giuseppe Scopelliti è stato eletto presidente della Regione Calabria nel 2010. Si è dimesso lo scorso 29 aprile. Dietro di lui l’assessore regionale del Nuovo centrodest­ra Pino Gentile
Ex presidente Giuseppe Scopelliti è stato eletto presidente della Regione Calabria nel 2010. Si è dimesso lo scorso 29 aprile. Dietro di lui l’assessore regionale del Nuovo centrodest­ra Pino Gentile

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