Corriere della Sera

Quel voto non unanime, il freno della Bundesbank

Tedeschi d’accordo sulle priorità, scettici sulle misure

- Fabrizio Goria

Questa volta Mario Draghi ha usato tutta la sua capacità diplomatic­a per evitare la perdita della credibilit­à della Banca centrale europea. I pericoli sono stati molti, tuttavia. Il lancio del programma di acquisto di titoli cartolariz­zati e il taglio dei tre tassi principali (rifinanzia­mento, marginal lending facility, depositi) ha rischiato di rompere il sottile equilibrio che ha contraddis­tinto la sua carriera all’Eurotower.

Una decisione così importante non poteva non creare malumori e spaccature. Oltre a tagliare il costo del denaro, la Bce ha scelto di andare oltre le più rosee aspettativ­e degli investitor­i istituzion­ali e ha avviato il suo piano di acquisto di Asset-backed security (titoli con a garanzia crediti, o Abs), Residentia­l mortgage-backed security (titoli con a garanzia mutui residenzia­li, o Rmbs) e covered bond. Per arrivare a questa soluzione, il Consiglio direttivo si è diviso.

«La decisione non è stata unanime». Così il presidente della Bce ha affermato durante la conferenza stampa, fra il gelo dei giornalist­i presenti. Poi la parziale rettifica: «C’era unanimità sulle intenzioni di adottare misure ulteriori se necessarie, ma non sulla decisione di tagliare i tassi e di comprare asset». A fronte della revisione al ribasso delle previsioni macroecono­miche per l’anno in corso, Draghi è arrivato alla riunione del Consiglio direttivo con il pacchetto poi presentato. E, come spiegano fonti interne alla Bce, non ha voluto sentir parlare di retroceder­e di un centimetro da quanto proposto. Due le ragioni. Primo, perché non agire avrebbe avuto un impatto troppo negativo sulla reputazion­e della banca centrale, specie dopo le indicazion­i prospettic­he lanciate da giugno a oggi. Secondo, perché Draghi è consapevol­e che la congiuntur­a, in caso di ulteriori tentenname­nti, potrebbe peggiorare ancora nell’area euro periferica, la più in difficoltà.

Come raccontano fonti interne, a favore di Draghi c’era la maggioranz­a dell’Executive board: il portoghese Vitor Constâncio, il francese Benoît Coeuré, il lussemburg­hese Yves Mersch e il belga Peter Praet. In pratica, tutto il board a esclusione di Sabine Lautenschl­äger. Differente la situazione per quanto riguarda il Consiglio direttivo. I più scettici sono stati il presidente della Bundesbank Jens

La decisione Nel board favorevoli alla linea Draghi Costâncio, Praet e Coeuré. Nel Consiglio direttivo i dubbi di Weidmann

Weidmann, l’austriaco Ewald Nowotny e l’olandese Klaas Knot. Una spaccatura prevedibil­e, ma che questa volta sarebbe andata ben oltre la normale dialettica. Fra chi desiderava attendere più dati macroecono­mici e chi intendeva agire subito per evitare il peggio, ha prevalso quest’ultima visione.

Contattati via email, i portavoce dell’Eurotower si trincerano dietro le parole di Draghi. Ma lasciano intendere che la discussion­e sull’acquisto di titoli cartolariz­zati è stata intensa. Le indiscrezi­oni che trapelano parlano di una lotta serrata fra Weidmann e Draghi, l’ennesima di una lunga se- rie. Il punto focale avrebbe riguardato non tanto l’utilizzo di questo strumento, che Draghi considera di pura politica monetaria, ma la sua tempistica. Perché attivare ora quest’arma, considerat­a dai mercati finanziari come la più estrema possibile, correndo il rischio di creare un disincenti­vo per i governi ancora impegnati nel consolidam­ento fiscale e nell’adozione delle riforme struttural­i promesse? Perché esaurire le cartucce a disposizio­ne proprio adesso? Perché, nell’ottica di Draghi, non si poteva fare altrimenti. Troppo debole e disomogene­a la ripresa economica, troppo marcato il calo della fiducia degli investitor­i istituzion­ali, troppo elevata la contrazion­e dei flussi di capitali esteri verso la periferia dell’area euro. Argomenti, quest’ultimi, contro cui Weidmann non ha potuto controbatt­ere. L’esitazione avrebbe generato altra incertezza. Il rischio che stava correndo la Bce era molto simile a quello vissuto nell’estate di due anni fa. Prima quindi del discorso di Draghi alla Global investment conference del 26 luglio 2012, quando spiegò alla comunità finanziari­a che avrebbe fatto qualunque cosa, nei limiti del suo mandato, per preservare l’integrità dell’eurozona. Questa volta la paura non riguardava lo spread fra i bond governativ­i, bensì qualcosa di più effimero, la deflazione. Draghi ha infatti ricordato che i prezzi rimarranno bassi per un prolungato periodo temporale. E contro la deflazione nemmeno la Germania è immune.

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Francofort­e La sede della Bce

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