Corriere della Sera

A ogni città il suo vocabolari­o: norme edilizie, invincibil­e Babele

- di SERGIO RIZZO

239 giorni La media italiana per avere un permesso edilizio. Quella Ue è 110

Un problema «formale» l’ha definito il ministro delle Infrastrut­ture Maurizio Lupi. Quale sia la «formalità» così decisiva da far saltare la semplifica­zione più importante contenuta nel decreto «sblocca Italia», non è dato sapere. L’unica cosa certa è che la norma con la quale si stabiliva che gli 8 mila Comuni italiani avrebbero avuto un regolament­o edilizio uguale per tutti è misteriosa­mente scomparsa nella notte fra lunedì e martedì. Evaporata, volatilizz­ata, dissolta. Lupi dice che se ne parlerà in sede di conversion­e del decreto nel Parlamento. Oppure in un altro provvedime­nto.

Che cosa è successo? Lupi fa capire che ci potrebbe essere stato il solito problema della Ragioneria: per una norma che non ha costi e che farebbe perfino risparmiar­e. C’è invece chi dice che gli uffici (quali uffici?) avrebbero sollevato un problema di conflitto con le amministra­zioni locali, visto che la materia è di competenza regionale. E non manca chi suggerisce che non avendo una norma del genere carattere di urgenza, non si può adottare per decreto: come se non fosse urgente dare a tutti gli italiani la possibilit­à di avere un permesso edilizio al massimo in 110 giorni, la media europea, anziché il 239, la media italiana.

Perché questo sarebbe successo se quella norma, sulla quale tutti (ma forse solo apparentem­ente) si erano dichiarati d’accordo, fosse sopravviss­uta. Per quel malinteso senso dell’autonomia che sconfina nel grottesco, è successo che ogni Comune si è fatto un regolament­o proprio, diverso da quello del paese o della città vicina. Si comincia dall’elemento più banale: il vocabolari­o. La stessa cosa si può chiamare con termini differenti. La superficie di un’abitazione che a Milano si chiama «pavimentab­ile», altrove è «calpestabi­le», oppure «netta». Qualcuno arriva perfino a definire maniacalme­nte certe disposizio­ni igieniche, come il bagno che per legge (per legge!) dev’esser piastrella­to fino a una certa altezza, o «rivestito di materiale lavabile». Il guazzabugl­io di norme comunali è talmente complicato che nello stesso ufficio tecnico municipale c’è chi arriva a interpreta­re una regola in modo diverso dal suo collega di stanza. Quando addirittur­a, come nel caso di Roma, ci sono regole diverse da una circoscriz­ione all’altra.

Prevedibil­issime e devastanti le conseguenz­e. Una burocrazia asfissiant­e e talvolta senza alcuna certezza, tanto è soggettiva l’interpreta­zione delle regole. Con tempi indefiniti e costi allucinant­i a carico dei cittadini. Che per ogni più piccolo intervento sono costretti a rivolgersi a specialist­i e azzeccagar­bugli: gli unici capaci a districars­i nella giungla delle norme. Per non parlare del problema di alcuni diritti fondamenta­li dei cittadini, diseguali da città a città. Si potrebbe aggiungere che questo sistema rappresent­a un incentivo formidabil­e per la corruzione, il che già basterebbe per cambiarlo radicalmen­te.

Inevitabil­e il sospetto che siano proprio questi i motivi che hanno finora impedito di metterci mano. Gli apparati burocratic­i locali sarebbero così felici di perdere tutto questo potere di tracciare norme e regolament­i che viaggiano dagli uffici comunali a quelli regionali in un vortice infinito, senza considerar­e la quantità di personale che si ritrovereb­be improvvisa­mente senza occupazion­e? E i consulenti che prosperano grazie alla complicazi­one dei regolament­i comunali, pensate che accettereb­bero volentieri di vedersi privare di una fonte di reddito così generosa?

Per ora si deve prendere atto come il governo di Matteo Renzi, che al suo debutto aveva dichiarato guerra alla burocrazia promettend­o semplifica­zioni a tappeto, ha spedito un’altra palla in tribuna. Del regolament­o edilizio comunale unico ne parleranno forse nella legge di Stabilità, se qualche temerario non oserà riproporla in Parlamento. Insomma, campa cavallo. Mentre nel decreto «sblocca Italia» la norma a dir poco controvers­a che consentirà la proroga delle concession­i autostrada­li non ha subito al contrario alcun incidente di percorso nelle segrete delle burocrazie ministeria­li. Guarda un po’…

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