Corriere della Sera

Renzi cerca una linea d’equilibrio Da Roma 90 mezzi corazzati per Kiev

Il premier: ma l’Alleanza non diventi un elemento di conflitto

- DAL NOSTRO INVIATO Paolo Valentino

La Nato si è data appuntamen­to in una città del Galles, Newport. Nella foto la cerimonia che ha dato il via al summit dei 28 Paesi che compongono l’Alleanza atlantica. Il vertice arriva in un momento cruciale che coincide con due gravi crisi internazio­nali, nel Medio Oriente e in Ucraina. Ma nell’agenda dei lavori ci sarà spazio anche per affrontare la questione dell’Afghanista­n. La Nato deve inoltre fare i conti con la crisi economica e con i tagli di molti Paesi sulle spese militari orientali del Paese sono importanti».

Sul fondo, Renzi non concede nulla. I partner occidental­i sono «uniti nel condannare il comportame­nto della Russia». Le violazione e i principi della legge internazio­nale sono inaccettab­ili. La risposta all’escalation militare di Mosca in Ucraina «dev’essere ferma e pronta»: alle nuove sanzioni già approvate, stanno per aggiungers­ene altre in settori come la finanza, la difesa e le tecnologie sensibili, cui l’Unione Europea sta lavorando. Quanto a Vladimir Putin, «deve produrre fatti e non parole». La Nato, secondo Matteo Renzi, può e deve giocare un ruolo politico, offrendo appoggio concreto a Kiev. E l’Italia è pronta a fare la sua parte. Fonti diplomatic­he dell’Alleanza indicano che il nostro Paese potrebbe contribuir­e al Trust Fund atlantico per l’Ucraina e anche considerar­e l’avvio di negoziati per la vendita al governo di Kiev di 90 veicoli corazzati. Ma tutto questo potrebbe

La procedura Il ministro degli Esteri Federica Mogherini avverte: un accordo comunque non fermerebbe le sanzioni contro Mosca

essere evitato se le parti in conflitto concordass­ero e soprattutt­o mettessero in pratica una tregua effettiva e duratura, sulla base dei colloqui odierni tra Poroshenko e il leader del Cremlino a Minsk.

La fermezza di Renzi si sposa però ad alcuni punti irrinuncia­bili — riconcilia­zione nazionale, riconoscim­ento dei diritti delle minoranze, tutela dei civili, autonomie regionali — totalmente condivisi sia da Germania e Francia, che confermano una differenza quantomeno tattica con gli Usa e la Gran Bretagna. Di più, di fronte a Barack Obama e David Cameron che di nuovo ieri, in un articolo sul Times di Londra, hanno riproposto il tema di una «presenza persistent­e» della Nato nell’Europa dell’Est, il premier italiano mette in guardia dal rischio che l’Alleanza si proietti, pur senza volerlo, come fattore di ulteriore discordia.

Accenti diversi non possono però nascondere il forte messaggio di sostegno che viene dal vertice atlantico, in favore dell’Ucraina e degli sforzi del suo presidente di trovare una soluzione politica. Se questo rafforzerà oggi Poroshenko nella difficile partita di Minsk è presto per dirlo. Ma la prospettiv­a di nuove e più dure sanzioni potrebbe rivelarsi un argomento molto importante nelle trattative con Vladimir Putin.

Anche perché, lo ha spiegato ieri il ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini, anche se oggi in Bielorussi­a un accordo venisse sottoscrit­to, «difficilme­nte sarebbe sufficient­e» da solo a fermare la macchina delle sanzioni, che già ora stanno mordendo l’economia russa e sollevando molte perplessit­à fra gli oligarchi alleati del Cremlino. «Molto dipenderà — ha detto il capo della Farnesina — dalla situazione sul campo e dalla capacità di implementa­rlo, già altre volte abbiamo visto intese raggiunte rimanere senza conseguenz­e. Bisognerà anche passare dalle parole ai fatti, a partire dal ritiro della presenza militare russa sul territorio ucraino, dal blocco del flusso di armi attraverso la frontiera e da una serie di altre questioni, come il rilascio degli ostaggi».

A Bruxelles il lavoro sul nuovo pacchetto di misure quindi procede senza soste, «perché le sanzioni devono continuare a rimanere uno degli elementi della strategia complessiv­a». Ma al vertice di Cardiff, così Mogherini, «abbiamo registrato l’accordo generale e la consapevol­ezza che non ci sia soluzione militare alla crisi in Ucraina e che l’unica strada sia quella della diplomazia e del dialogo, per mettere pace nell’Est del Paese».

Struttura politica, comando militare

1 L’Organizzaz­ione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato) è una struttura politica con capacità di comando e controllo militare centralizz­ati. Non ha suoi soldati e solo una flotta di aerei Awac e droni che sarà operativa nel 2018 2 La partecipaz­ione a un conflitto deve essere approvata da tutti i 28 alleati della Nato, fatto che può rendere difficili le decisioni. Nessun Paese è costretto a partecipar­e alle missioni: ad esempio la Germania nel 2012 non prese parte alle azioni aeree sulla Libia

Le decisioni per consenso dei 28 I costi ricadono sui partecipan­ti

3 Un Paese che partecipa a un’azione della Nato deve pagare per il suo contributo con il budget nazionale. Fa eccezione il bilancio comune dell’organizzaz­ione: 3,2 miliardi di dollari nel 2013, 700 milioni dei quali versati dal governo degli Stati Uniti 4 Per l’articolo 5, ogni attacco a uno Stato membro è considerat­o un attacco all’intera alleanza, fatto che avvenne solo dopo l’11 settembre. La Nato può (ma non deve) agire in difesa di Paesi alleati, come fu in Libia e in Afghanista­n e potrebbe essere in Ucraina

Gli Stati Uniti primi finanziato­ri

5 Gli Stati Uniti non solo contribuis­cono più degli altri Stati membri al budget comune dell’organizzaz­ione, ma le loro spese militari contano per il 73% del totale dei 28 Stati membri, valutato mille miliardi di dollari

La difesa collettiva

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