ROSA IN COMMISSIONE EUROPEA CON L’AIUTO DEL BELGIO RITARDATARIO
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«Nessun curriculum disponibile diceva ancora ieri sera il sito dell’Europarlamento. E parlava, anzi non parlava, di Marianne Thyssen. Ma la notizia della sua candidatura, per il Belgio e per l’Europa, è lo stesso da segnare sul calendario rosa: finalmente, dopo mesi di ambasce, il regno che ebbe come icona Paola di Liegi è riuscito ad esprimere una sua candidata donna alla Commissione europea, e la stessa Commissione è riuscita a raggiungere il magico numero 9: 9 donne su 27 membri, appunto la «quota rosa» minima da tutti invocata e predicata, poiché è stato presentato un nome femminile — Corina Cretu — anche da parte del governo romeno. L’eletta belga è la cristianodemocratica Marianne Thyssen, 58 anni, radici in una famiglia umile (è figlia di un fornaio). Il Belgio era finora l’ultimo Paese a non aver espresso un qualunque candidato, uomo o donna, a quello che viene spesso considerato il governo effettivo dell’Europa, sia pure al fianco dell’altro organismo, il Consiglio europeo, dove siedono tutti i capi di Stati e di governo.
Ma per decidere su Marianne Thyssen c’è voluta un’ultima lunghissima notte di negoziati politici a Bruxelles, perché i partiti belgi, quelli che dovranno formare una futura coalizione (il governo è tuttora fra le nuvole) erano in disaccordo praticamente su tutto. Non solo: Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione, ha dovuto anche imporre ai governi ancora «inadempienti» una sorte di vero e proprio ultimatum.
Tutto questo, anche perché il Belgio naviga nell’ennesima crisi istituzionale della sua storia. Aveva un primo ministro socialista, Elio Di Rupo, che in due anni è riuscito a tirare fuori il Paese dalla recessione. E a tenere insieme le varie pulsioni etnico-nazionalistiche-linguistiche. Ma ora Di Rupo non c’è più, e la recessione è ripresa in quasi tutta l’Europa. Così fiamminghi, francofoni, rigoristi, merkeliani, antimerkeliani si riaffrontano nel groviglio di sempre. Marianne Thyssen, per quanto poco conosciuta (non appartiene alla quasi omonima famiglia dei potenti industriali) è però il volto, in Europa, di questo piccolo Belgio ancora benestante che non vuol essere solo il rimorchio della Germania.
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