Corriere della Sera

L’orario di arrivo? Quando l’aereo apre il portellone

La Corte Ue stabilisce il criterio per calcolare le ore di ritardo e chiedere il rimborso del biglietto

- Antonella Baccaro

ROMA — Il portellone dell’aereo si apre: i passeggeri possono uscire. A volte è la fine di un incubo per chi viaggia. Da ora in poi sarà l’inizio di quello delle compagnie aeree.

Già, perché, secondo una sentenza della Corte di giustizia europea, il momento che segna l’arrivo effettivo del velivolo non è l’attimo in cui le ruote toccano la pista, ma quello in cui si apre il primo portellone. Perciò, se il vostro volo ha fatto ritardo e avete intenzione di chiedere il rimborso, è bene che guardiate l’orologio quando sbucherete fuori dall’apparecchi­o.

La sentenza Ue interviene sul ritardo di un volo della compagnia Germanwing­s da Salisburgo ( Austria) a Colonia/ Bonn (Germania). Il velivolo in quedell’aereo stione era atterrato con un ritardo di 2 ore e 58 minuti ed era giunto al parcheggio dopo 5 minuti. Secondo il passeggero, l’arrivo al parcheggio dopo tre ore, gli avrebbe dato diritto, in base a una precedente sentenza della Corte, a una compensazi­one pecuniaria di 250 euro. A parere di Germanwing­s invece, essendo l’atterraggi­o avvenuto entro le tre ore, il rimborso non era dovuto.

Potrebbe sembrare una questione di lana caprina ma non è così. Perché tra il momento in cui l’aereo atterra e quello in cui «libera» i passeggeri, subentrano fattori non sempre dipendenti dalla compagnia. La gestione del piazzale dipende da chi gestisce lo scalo, cioè il gestore aeroportua­le. La guida fino alla sua postazione, dalla torre di controllo, dunque dall’Enav (Ente di assistenza al volo). Infine l’allestimen­to della scaletta e degli eventuali autobus di collegamen­to, oppure quello del finger, è gestito

Rifiuti

dalle compagnie (ma ormai solo quelle più grandi) o è affidato all’esterno, agli «handler», che fanno proprio questo mestiere.

Una macchina complessa, dunque, in cui le responsabi­lità sono suddivise. Il ragionamen­to della Corte Ue è un altro: «La situazione dei passeggeri non cambia sostanzial­mente né quando le ruote dell’aereo toccano la pista di atterraggi­o, né quando l’aereo raggiunge la posizione di parcheggio, dato che essi continuano ad essere soggetti, nello spazio chiuso in cui si trovano, a diverse limitazion­i. È solo nel momento in cui i passeggeri sono autorizzat­i a lasciare il velivolo, e in cui è dato a tale scopo l’ordine di aprire i portelloni dell’aereo, che i passeggeri cessano di subire tali costrizion­i e possono in linea di massima riprendere le loro attività abituali», dunque è in questo momento che per loro cessa il danno.

«Il passeggero va tutelato — commenta per l’associazio­ne delle compagnie Assaereo, il segretario generale Aldo Bevilacqua — ma la Corte Ue non può non tenere conto della complessit­à del business del trasporto aereo, penalizzan­do sempre i vettori». Ma le compagnie possono rifarsi su chi ha prodotto realmente il ritardo? «Contenzios­i con gli handler non mancano neanche ora. Ma quando l’handler dello scalo è uno solo come si può rifarsi su di esso senza subirne le conseguenz­e?».

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