Corriere della Sera

«Io e Mary sulle sedie volanti sognando di fare le Top Gun»

L’astronauta e l’amica pilota morta: noi le prime donne

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Era in addestrame­nto in Giappone quando ha saputo che Mary, la compagna di corso in Accademia, la sua «carissima amica», aveva perso la vita nello scontro tra i due Tornado. Samantha Cristofore­tti, 37 anni, astronauta dell’Agenzia spaziale europea, doveva rientrare a Houston, ha rimandato la partenza per dare l’ultimo addio a Mary, il capitano Mariangela Valentini, e agli altri tre ufficiali morti nell’incidente, Paolo Piero Franzese, Alessandro Dotto, e Giuseppe Palminteri. «È stato un evento raro, inevitabil­mente fatale. Purtroppo non è possibile eliminare completame­nte il rischio».

Cristofore­tti adesso è in Texas. L’aspettano gli ultimi 80 giorni di preparazio­ne prima della missione Futura dell’Agenzia spaziale italiana a bordo della Stazione spaziale internazio­nale: prove in piscina per addestrars­i alle passeggiat­e spaziali, addestrame­nto in robotica, simulazion­e di ogni imprevisto. Ci tiene però a ritagliars­i mezz’ora non solo per ricordare l’amica, ma anche per riflettere su «una profession­e unica e rischiosa, ammirata ma spesso anche fraintesa. Molti purtroppo pensano che i piloti militari siano dei superuomin­i o delle superdonne che grazie alle loro abilità possono divertirsi con velivoli ad alte prestazion­i. Nulla è più lontano dalla realtà. Ci vogliono anni di studio e in ogni volo ci sono obiettivi di addestrame­nto che richiedono concentraz­ione in ogni secondo. Non si vola per guardare il paesaggi. I piloti sono come gli atleti, si devono allenare continuame­nte; solo che i piloti non sanno quando arrivano le Olimpiadi. Né le desiderano».

Sam e Mary, Samantha e Mariangela, si erano conosciute nel 2001. Stesso corso a Pozzuoli, letti adiacenti, per 4 anni fianco a fianco. Tra le prime donne ad essere ammesse in un santuario maschile. «Il corso precedente al nostro è stato il primo in assoluto. Eravamo una quindicina su un centinaio di allievi».

Una parte dell’addestrame­nto era dedicato a schivare i giornalist­i. «C’era molta curiosità. Mariangela era una persona schiva, come molte di noi viveva queste attenzioni con disagio. Eravamo consapevol­i di appartener­e a una squadra e di non avere meriti particolar­i rispetto ai colleghi». Con i compagni maschi Oleggio. Era entrata all’accademia di Pozzuoli nel 2001 In volo Aveva partecipat­o a missioni in Libia e Afghanista­n. Il 19 agosto è morta a bordo del suo jet In pista Samantha Cristofore­tti, 37 anni, è la prima donna astronauta italiana e nel corpo astronauti dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea (foto Ansa) andava meglio. «Non c’era un pregiudizi­o negativo. Venivamo tutti dall’università o dal liceo, dove le classi erano miste. In più i nostri addestrame­nti sono fortemente standardiz­zati, non c’è spazio per distinzion­i di genere».

Non c’è nemmeno tanto tempo libero. «Le giornate erano piene, tra lo studio e la preparazio­ne militare. In estate c’erano i corsi di volo all’aeroporto di Latina, propedeuti­ci a quello di pilota militare che arriva dopo l’ Accademia». Anche in bagno non smettevano di immaginars­i alla guida di un aereo. «Con Mary facevamo spesso il “chair flying”, che tradotto sarebbe il volo simulato sulla sedia — ricorda Cristofore­tti —. Eravamo sedute per terra, con lo spazzolone usato come barra di comando, ripetevamo le manovre a voce alta, azionando con le mani interrutto­ri immaginari...».

Dopo l’Accademia le strade di Sam e Mary si dividono. Samantha si specializz­a negli Stati Uniti, Mariangela va a Lecce. Due carriere d’eccellenza, una la porterà ad essere selezionat­a dall’Agenzia spaziale, l’altra è assegnata ai Tornado. «Un punto di arrivo prestigios­o ma anche l’inizio di un addestrame­nto molto difficile».

Non si perdono di vista, l’ultimo incontro lo scorso giugno. «Feci una festa con gli amici prima della missione spaziale. Ricordo il suo

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