Corriere della Sera

Tra Rosberg e Hamilton una tregua armata che non convince

- Flavio Vanetti

MONZA — È difficile credere che sia vera pace tra Nico Rosberg e Lewis Hamilton dopo i fatti di Spa, le «sberle» post-gara di Niki Lauda al tedesco, il seccato «poffarbacc­o» di Toto Wolff, il processo (con probabile multona) al suddetto Nico, il faccia a faccia all’interno del team e lo sforzo, alimentato da comunicati e video di scuse, di raccontare al mondo che tutto è superato. C’è almeno una frase, di Lewis Hamilton, che fa sospettare che le cose non stiano precisamen­te in questi termini: «Ho la fiducia per pensare che io e Rosberg torneremo a lavorare bene assieme? Fiducia è una parola grossa, se applicata alle corse. Ma io e lui gareggiamo da tanto tempo e sappiamo come comportarc­i: si riparte da questo». Gli osservati speciali della conferenza stampa del giovedì si presentano sul palco collocando­si alle estremità della prima fila e sfoderando sorrisi di maniera. Ma quasi si ignorano. Tra di loro siede Fernando Alonso, che strabuzza gli occhi alla proposta di fungere da paciere, dato che nel 2007 alla McLaren, mentre era compagno di Hamilton, visse un film simile a quello proiettato adesso a casa Mercedes. Rosberg insorge davanti a un’ipotesi («Garage separati? Ma va. Se siamo in testa alle classifich­e è grazie al lavoro di squadra») e spara la sua luminosa faccia d’angelo. Invece Lewis gli angioletti — un doppio ciondolo appeso a una catena d’oro — li ha al petto. Fuoco di

(LaPresse) fila, le domande sono anche bastarde. Nico, sei preparato psicologic­amente a subire attacchi mediatici nella lotta per il Mondiale? «Io penso solo ad essere veloce. Perché all’inizio non mi ero scusato? Sempliceme­nte perché ci ho pensato sopra, ho capito e nel parlare col team ho compreso. Ma nessuno mi ha costretto a scusarmi». Lewis, a Budapest non hai rispettato un ordine di scuderia: hanno punito pure te? «Noi siamo sempre puniti, se ci sono incidenti: continuiam­o a fare riunioni… Comunque non ho disubbidit­o: ho solo detto che non l’avrei fatto passare, a meno che non mi fosse giunto a ridosso. I dirigenti mi hanno dato ragione». In realtà dietro alla tregua c’è un guazzabugl­io ben più articolato. C’è una lotta tra l’anima tedesca e quella britannica del team e la stampa non è esclusa, proprio come tra i giornalist­i, nei giorni delle risse Alonso-Hamilton, si giocava Spagna-Inghilterr­a. E c’è poi un equilibrio precario, costruito sulle frasi fatte (le più gettonate: «Andiamo oltre»; «Il focus ora è sulla guida») e su una serie di discese e risalite, su ogni fronte. Per dire: la sfuriata di Niki contro Nico (Lauda vs. Rosberg) è durata l’intervallo di un temporale. «È vero — ammette il leader del Mondiale —, Niki si è scusato delle parole dette a caldo». Di che cosa stiamo parlando? Di solenni ipocrisie e di balle cinesi. Quei due continuera­nno a «menarsi», come è giusto che sia in un Mondiale. Hamilton, oggi inseguitor­e di Rosberg, sarà svantaggia­to dalla policy «mai più scontri» ordinata dal team? Pare di no: «Restano sette corse, ho ancora tanti punti a disposizio­ne» dice Luigino. Aggiunta: per vincere il Mondiale, «che rimane la mia priorità». Lo è ben più del rinnovo del contratto, che non è congelato «ma che non è urgente perché per il 2015 sono a posto». Ecco, almeno una cosa chiara l’ha detta.

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