L’ANIMA DELLA RUSSIA E LA COSCIENZA DEGLI EROI AMERICANI
Due
film agli antipodi — per ambizioni, messa in scena e peso produttivo — chiudono questa 71esima edizione della Mostra, Belye nochi pochtalona Alekseya Tryapitsyna ( Le notti bianche del postino Alekseya Tryapitsyna) del russo Andrei Konchalovsky e Good Kill ( Bel colpo) dell’americano Andrew Niccol. Girato nel nord della Russia, a 500 chilometri da Archángel’sk, il primo sembra limitarsi a registrare la monotona quotidianità di uno sperduto villaggetto, separato dal mondo da un lago che il protagonista postino attraversa ogni giorno in barca: amici beoni, serate in solitario davanti alla tivù, l’impossibile amore per la donna più bella della comunità, a volte una battuta di pesca. Anche il furto del fuoribordo, che impedisce al postino di svolgere il proprio lavoro, è vissuta con una certa rassegnata compostezza. Eppure scena dopo scena, Konchalovsky sa trovare l’anima più nascosta di questa Russia popolare e dimenticata, sfiancata da un progresso che non sembra riguardarla (nei pressi c’è anche una base di voli spaziali) e frustrata nei suoi sogni. In questo modo i personaggi (tutti affidati a non protagonisti del luogo) diventano gli attori di un’immaginaria commedia cechoviana e un film apparentemente dimesso e rinunciatario si trasforma in un convincente e malinconico antidoto ai sogni di grandezza putiniani e alle opere roboanti che li esaltano. Perché la verità delle cose si può trovare anche nei piccoli gesti di resistenza quotidiana e in un cinema capace di registrare la semplicità e l’immediatezza della vita. L’americano Andrew Niccol, invece, mette al centro del suo film un pilota militare (Ethan Hawke) passato dalla guida degli F-16 a quella dei droni. Chiuso in un tecnologico container vicino a Las Vegas elimina obiettivi sensibili a 11 mila chilometri di distanza, mettendo a segno una serie inarrestabile di «bei colpi» (i Good Kills del titolo originale) finendo però per essere contagiato da questa guerra virtuale che fa vittime molto reali. Entra in crisi con la famiglia, inizia a dubitare dell’efficacia di quelle azioni e finisce per interrogarsi sulla moralità degli ordini a cui deve obbedire. Ma, come spesso accade agli «eroi» di Hollywood, risolve tutto nel più indolore dei modi, salvando l’anima e la guerra e soprattutto la famiglia (diventata sempre più il rifugio sicuro di fronte alle «cattiverie» del mondo: vedi anche 99 Homes e Manglehorn).