Le cattive abitudini di Fiumicino
Dallo sciopero delle valigie ai voli sospesi
Proteste,
voli cancellati, turisti a terra. Caos aeroporti: nuova giornata di disagi per l’agitazione degli uomini radar. Fiumicino, lo scalo di Roma, dallo sciopero delle valigie al caos di ieri, diventa un simbolo negativo. Ciò che è accaduto in Francia due mesi e mezzo fa, con ripercussioni economiche maggiori, non è paragonabile agli effetti dello sciopero indetto ieri. Ma la domanda è: con la reputazione che hanno i nostri servizi pubblici, possiamo permetterci di avere il principale aeroporto del Paese, e molti altri, che funziona a corrente alternata?
Succede anche nelle migliori famiglie. «Caos nei cieli d’Europa per sciopero controllori Francia», titolava l’Ansa il 25 giugno scorso. E anche allora disagi negli aeroporti di tutta Europa, centinaia di voli cancellati, proteste delle compagnie. Succede, da che esiste l’aviazione civile. I meno giovani ricorderanno come per stroncare lo sciopero degli uomini radar che aveva messo in ginocchio gli Stati Uniti il presidente Ronald Reagan ne licenziò d’un colpo decine di migliaia.
Succede. Ma quello che è accaduto in Francia due mesi e mezzo fa, con ripercussioni economiche ben maggiori, non è minimamente paragonabile agli effetti dello sciopero indetto ieri da un paio di sigle sindacali dei nostri controllori di volo. Loro sono la Francia, e noi l’Italia. A loro si perdona più facilmente un disservizio, una protesta, un ritardo. E poi a Parigi, sciopero o no, si ritorna sempre. Mentre a Roma…
Giusto un mese fa era in pieno svolgimento a Fiumicino lo sciopero bianco dei lavoratori dell’handling Alitalia contro gli esuberi previsti per l’acquisizione della compagnia italiana da parte dell’araba Etihad. Migliaia di bagagli di viaggiatori appena arrivati all’aeroporto o in partenza dallo scalo romano rimasero a terra, ammucchiati negli androni e nei magazzini. Per restituirli ai legittimi proprietari, la stragrande maggioranza dei quali (ovviamente) turisti, si caricarono su tir e si spedirono in giro per gli aeroporti italiani ed europei mentre il capo della rivolta, intervistato in forma anonima da Repubblica, prometteva lotta senza quartiere. A oltranza.
Si trova in una situazione oggettivamente difficile, quel signore, insieme ai suoi colleghi nella lista degli esuberi. Ma qui non vogliamo entrare nel merito delle motivazioni di quell’agitazione di un mese fa, o dello sciopero degli uomini radar. In entrambi i casi si è trattato di proteste tutto sommato limitate. Tuttavia la domanda alla quale si deve rispondere è: con la reputazione che hanno i nostri servizi pubblici, ci possiamo perdi mettere di avere il principale aeroporto del Paese — e molti altri sparsi per tutta la penisola, visto che ieri sono saltati decine di arrivi e decolli da Venezia a Catania passando
Reputazione A giugno si bloccarono gli scali francesi ma la ripercussione mediatica fu molto minore
per Orio al Serio — che per un motivo e per l’altro funziona a corrente alternata? E proprio nei giorni più delicati per gli spostamenti dei turisti stranieri? Andrebbe ricordato come
Il volto del Paese L’aeroporto romano è il volto del Paese per milioni di persone che vengono in Italia
nel 2013, un anno nel quale il turismo mondiale ha registrato un autentico boom con un aumento delle presenze in Europa del 2,6 per cento, l’Italia abbia subito, unica fra i 28 Paesi dell’Unione, un calo di ben il 4,6 per cento. Il che la dice lunga su come funzionano da noi le cose.
Allo sciopero di ieri, dicono i dati, ha aderito appena un controllore di volo su quattro. Di più: la protesta era stata anticipata con un congruo anticipo, a differenza di quella del mese scorso. Ma questo non ha impedito alle compagnie internazionali low cost quali Easyjet e Ryanair di cancellare un numero impressionante di voli. Sappiamo come funziona. Le agitazioni vengono anche utilizzate da certe compagnie per risparmiare tagliando rotte anche quando magari non è necessario. E scaricando la responsabilità sulle proteste: in questo caso, sui soliti italiani incapaci e scansafatiche. Fin troppo facile.
Gli effetti di un’agitazione come quella di un mese fa o di ieri vanno però ben oltre le loro semplici conseguenze economiche. Certamente rilevanti, se si pensa che per restituire i bagagli non consegnati ad agosto l’Alitalia ha speso oltre un milione, e che soltanto Ryanair ha annullato ieri 96 voli da e per l’Italia (ma nel complesso, solo a Fiumicino, sono stati 130 quelli cancellati). Perché l’aeroporto Leonardo Da Vinci non è soltanto il principale scalo italiano, ma è la faccia del Paese agli occhi di milioni di persone che vengono in Italia. E non è, diciamo la verità, una gran bella faccia per un Paese che già non è considerato al top dell’efficienza. Oggi lo sciopero dei controllori di volo, mentre i turisti ritornano a casa. Ieri i bagagli che restano a terra, proprio nel giorno in cui l’amministratore delegato della Etihad viene a chiudere l’accordo per comprare la nostra compagnia di bandiera sull’orlo del crac. Tutti i giorni, viaggiatori ignari che arrivano e devono scucire un patrimonio per farsi portare dal taxi in città. O rassegnarsi a prendere un trenino che a tutto assomiglia tranne che a una metropolitana: avvilente, rispetto ad aeroporti come quello di Madrid. Anche se non peggiore rispetto allo stato disastroso del trasporto pubblico urbano di Roma.
Ci si può allora lamentare se la storia finisce, com’è finita, sui giornali e sui siti internet stranieri come emblema di tutti peggiori i luoghi comuni sull’Italia?