Corriere della Sera

IL COPIONE DI BRUXELLES NON AIUTA L’EUROPA

Prodi: Draghi? Non può sparare l’ultima cartuccia per colpa dei tedeschi Wolf: molta attenzione alle politiche di bilancio, poca alle soluzioni

- Di DARIO DI VICO

Martin Wolf è un giornalist­a inglese del Financial Times e Romano Prodi un ex presidente della Commission­e europea. A dividerli, in passato e oggi, è il giudizio sull’euro, ma ieri a Cernobbio sono stati i protagonis­ti della giornata riservata alle prospettiv­e dell’Europa. Davanti alla loro passione e alla loro vis polemica i falchi di Bruxelles ovvero gli eurocrati più vicini alle posizioni tedesche, Jeroen Dijsselblo­em e Jyrki Katainen, hanno fatto barriera ma a tratti sono parsi quasi intimiditi.

A unire la strana coppia WolfProdi è il giudizio negativo sulle politiche di Angela Merkel. Per il giornalist­a «l’Eurozona non può essere un’enorme Germania» e per il professore bolognese la dirigenza di Berlino sta tradendo lo spirito di Helmut Kohl che contribuì a creare la moneta unica in un clima di solidariet­à europea. Sul piano delle ricette economiche sia Wolf che Prodi sostengono che senza un rilancio della domanda aggregata tutti i discorsi sul futuro dell’Europa vanno a farsi benedire e ci aspetta un decennio di stagnazion­e. «Dite pure che sono rimasto keynesiano ma Keynes era un ragazzo in gamba» ha scandito Prodi e l’inglese ha aggiunto di giudicare incredibil­e che sia tornate in auge le idee della scuola liberista austriaca.

Parlando di Mario Draghi l’ex premier italiano lo ha definito «un raffinato costruttor­e di paracadute che non può sparare l’ultima cartuccia altrimenti i tedeschi lo ammazzano». La Bce oltre non può andare e invece più che paracadute «servirebbe un nuovo motore». Wolf e Prodi hanno avuto campo libero anche perché nella sala di Villa d’Este a un certo punto ascoltando i Trichet, i Barroso, gli Almunia era parso come se il risultato delle ultime elezioni europee fosse stato in qualche modo già archiviato. Il terremoto populista c’è stato solo a metà e così la nomenklatu­ra di Bruxelles può brindare e ricomincia­re a tessere la solita tela fatta di organigram­mi, di bilanciame­nti di potere tra i vari organismi e di esercizi di stile sulla conciliazi­one rigore/crescita. Mentre sta nascendo il secolo asiatico, gli americani hanno varato un nuovo

Il dibattito Gli esercizi di stile per conciliare rigore/crescita. Wolf: «L’Eurozona non può essere un’enorme Germania»

straordina­rio ciclo tecnologic­o e sta ritornando in auge ruolo e soggettivi­tà della Nato, le classi dirigenti del Vecchio Continente si baloccano con arsenico e vecchi merletti.

Come ha ricordato Wolf - usando come metafora la Lettonia e forse alludendo alla provenienz­a dei due falchi - i piccoli Paesi salgono in cattedra a insegnare ai grandi come fare le riforme. «Sono stupefatto della compiacenz­a che l’eurozona ha verso se stessa così come della troppa attenzione concessa alle politiche di bilancio e della poca alle vere cause della crisi». Anche Mario Monti, molto più cauto rispetto ai due frombolier­i, ha comunque ammonito la nuova dirigenza di Bruxelles a non seguire il vecchio copione: «Nel Parlamento europeo le forze ostili all’integrazio­ne si sono rafforzate e si faranno sentire». Prodi ha anche indicato quali sono i nuovi motori della ri-

presa europea ovvero energia, infrastrut­ture, ricerca & sviluppo e politica industrial­e. «Bisogna riportare il continente al livello di progresso tecnologic­o degli altri Paesi. E i 100 miliardi di investimen­ti previsti dal nuovo presidente Juncker sono pochi per una popolazion­e di 500 milioni di persone».

Jyrki Katainen, il finlandese che a Bruxelles ha ereditato la poltrona di Olli Rehn, forse non si aspettava un attacco concentric­o di politica e giornalism­o. Non ha però perso la testa e ha comunque replicato con ordine: «Ma se l’area euro smettesse di consolidar­e i bilanci e permettess­e ad alcuni Paesi di sforare il 3%, secondo voi, si rafforzere­bbe la fiducia dei mercati? Secondo me se si stimola l’economia solo con l’indebitame­nto e l’iniezione di denaro fresco non si dà vita a qualcosa di duraturo». La via giusta per il commissari­o scandinavo è quella di lavorare per mobilitare capitali privati. Il dibattito a Bruxelles, dunque, riparte esattament­e da dove eravamo rimasti tanto che Prodi scuotendo la testa ha concluso: «Quando governavo a Roma ho fatto la formichina e tagliato il rapporto deficit/Pil ma l’economia allora cresceva. Oggi francament­e non saprei proprio cosa fare».

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