Corriere della Sera

E LA SINISTRA SI SCOPRE SUPERFICIA­LE

- Di MARCO DEMARCO

«Che sarà mai», la sinistra italiana non l’ha mai detto. Lo dice ora con Renzi. Ora che incontra Berlusconi al Nazareno; quando deve commentare le negative variazioni del Pil; o quando c’è da replicare alla copertina dell’Economist, quella del gelato. Per l’« unfit » appioppato a Berlusconi venne giù il mondo e l’allora premier dovette impegnarsi in una causa per diffamazio­ne, che poi perse. Ora invece la musica è cambiata. Che sarà mai! «Preferisco rispondere con leggerezza», ha spiegato Renzi citando Calvino e leccando allegramen­te il suo cono crema e limone. Prima di lui, la sinistra ha sempre drammatizz­ato, storicizza­to, problemati­zzato, ma mai si è autorappre­sentata leggera e volutament­e superficia­le. Buonista, semmai. Ma Veltroni, che pure ha contribuit­o non poco all’alleggerim­ento, si è comunque portato dietro un carico pesante di nostalgie. E poi ha aggiunto, più che sottrarre: ha messo dentro i Kennedy e Jovanottin­i senza mai togliere Berlinguer, tanto per dire. E invece quando Renzi ha fatto entrare quel carretto di gelati nel Palazzo, tutto è cambiato. Col dessert servito ai giornalist­i non c’è stata più storia per la polenta classista di Bertolucci o per la crostata all’inciucio di D’Alema. Il quale ora critica il governo e lamenta scarsi risultati? E che sarà mai. «Ha fatto il suo tempo», dice la renziana Serracchia­ni. Una sinistra che un tempo si vantava di essere laica e progressis­ta, anche se non sempre lo è stata, ora è dunque orgogliosa di dirsi leggera e finanche superficia­le. In Il desiderio di essere come Tutti, l’ultimo libro di Francesco Piccolo, «di sinistra» per autodefini­zione, ad esempio, la laicità è assente come parola e come concetto. E di progressis­mo neanche a parlarne. La superficia­lità, di contro, c’è sempre: dalle prime alle ultime pagine. Ad un certo punto, Piccolo addirittur­a se la sposa, essendosi essa incarnata in Chesaramai, la sua compagna nella vita reale.

Nel libro, Piccolo la chiama proprio così: Chesaramai. E spiega perché. Perché è un continuo e realistico invito a non prendertel­a, al «che vuoi che sia». Quello di Chesaramai è un altro modo, più benevolo e indulgente, di vivere la vita. Nulla a che vedere, si direbbe, col galleggiam­ento qualunquis­tico o col sugherismo terzista; o con la leggerezza di Italo Calvino, troppo elitaria; o con quella di Milan Kundera, troppo colpevole; piuttosto un omaggio alla «forza delle cose», a quell’idea per niente snob che fu di Goffredo Parise e che Francesco Piccolo fa ora sua. Quando Berlusconi vince le elezioni la prima volta, Chesaramai non drammatizz­a. «Passerà», dice. Mentre tutti gli altri «di sinistra» già si disperano, perché pensano che la storia sia finita lì, come quando hanno ammazzato Moro, come quando è morto Berlinguer. Ed è finita? Macché.

La laicità implica una distinzion­e. Come la tolleranza, l’altro da tollerare. E dunque si porta dietro l’impegno, la storia, la nostalgia dei padri e delle generazion­i migliori, e tanta, troppa cultura politica. La superficia­lità, teorizza Piccolo, ti consegna invece al presente. Essa ha tanta legittimit­à di esistere quanto la profondità. Per certi versi, anzi, ti responsabi­lizza di più e meglio. L’impegno come opposto della superficia­lità, si legge ancora nel libro, aveva un suo quid quando la sinistra era parte minoritari­a e perdente della società; quando più si impegnava, più si distinguev­a moralmente e più si isolava politicame­nte. Ma oggi? Oggi che la sinistra è, se non «Tutti», come il titolo del libro suggerisce, di sicuro più del 40 per cento dei votanti, perché continuare ad avere la puzza al naso? Oggi non è l’avversario che scaraventa la superficia­lità addosso alla sinistra, perché non tiene conto delle compatibil­ità o perché insegue chimere o perché non le insegue abbastanza. Oggi è la sinistra che se la prende e se la porta a casa. @mdemarco55

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