Riforme chiave in Senato, la strategia per evitare trappole
Il Jobs act, l’italicum e il nodo dei frondisti La cautela del segretario pd sui tempi
ROMA — Quel che dice in pubblico Matteo Renzi lo ripete anche in privato. «Non possiamo fare finta sulle riforme perciò non dovremo guardare in faccia nessuno», è la frase di incitamento che il presidente del Consiglio ripete ai suoi interlocutori in questi giorni. Accompagnata da una constatazione ovvia quanto veritiera: «Ci giochiamo la nostra credibilità in Europa».
Quell’Europa che chiede all’Italia di mandare in porto, tra le tante riforme, il Jobs act. La legge delega sul lavoro è al Senato. Il premier dice che «prevedibilmente sarà approvata entro l’anno». Prevedibilmente, già, perché a palazzo Madama la situazione e quella che è, come si é visto nei giorni convulsi dell’approvazione del disegno di legge che pone fine al bicameralismo perfetto e che rivede il Titolo V della Costituzione. E in quel ramo del Parlamento, dove la maggioranza è quanto mai risicata, approderà anche l’esame dell’Italicum. Due riforme a cui Renzi tiene molto e che una parte dei dissidenti del Partito democratico attende al varco. Renzi è convinto, e non da oggi, che «la vera sfida si gioca tra la gente, nelle fabbriche, nelle scuole...» ( motivo per cui ha preferito andare a Gussago piuttosto che a Cernobbio) e ripete che «il serbatoio del consenso popolare è tale da non prevedere soste ai box». Però sa anche che comunque il passaggio parlamentare è delicato e che in quella sede non incontrerà la gente, ma senatori che non la pensano come lui.
Dalle parti di palazzo Chigi si ritiene che ormai la presenza di frondisti nel Partito democratico sia strutturale. Perciò il presidente del Consiglio per quel che riguarda la legge delega sul lavoro ha preferito non impiccarsi a una data. Non vuole e non cerca il Vietnam. Il Jobs act è atteso in Europa ed è stato sollecitato anche a Cernobbio: la partita è troppo importante per giocarsela male, tanto più che una sconfitta non è prevista.
Lo slogan «la gente sta con me e non con l’establishment» funziona sempre: fa presa sugli italiani. Ma al Senato la storia è diversa e ci vorranno tutta la perizia e l’avvedutezza possibili per superare ostacoli e insidie.
La sfida Il premier si dice convinto che la vera sfida «si giochi tra la gente, nelle fabbriche, nelle scuole»
Renzi ha ben presente la situazione, ieri, però ha distolto la sua attenzione per qualche ora da questi problemi per dedicarsi al discorso che terrà oggi alla Festa dell’Unità di Bologna. «Sarà un comizio vecchio stile», sorride il premier. Ma non sarà «vecchio stile» l’antipasto che il capo del governo offrirà al popolo della Festa, con la presenza del primo ministro francese Manuel Valls, del segretario del Psoe Pedro Sanchez e del vicepremier olandese Diederik Samsom. «La loro presenza — sottolinea il presidente del Consiglio — conferma che questo Partito democratico ha una visione strategica europea, non solo nazionale e che la vittoria di Federica Mogherini è frutto di un disegno, non di un caso». Renzi ha fortemente voluto la presenza dei tre, perché, ha spiegato ai collaboratori, «darà l’idea che anche in Europa si sta affacciando una nuova classe dirigente progressista, anche all’insegna del ricambio generazionale».
La formula «vecchio stile» però tornerà a farla da padrona quando i leader europei verranno invitati a una tortellinata insieme ai dirigenti del Pd. Mentre ieri si dedicava al suo
Il comizio Con i suoi scherza: noi leader sul palco daremo l’idea del ricambio in Europa. Ma sarà un comizio vecchio stile
intervento alla Festa il presidente del Consiglio spiegava ai suoi che non intende entrare nelle polemiche scatenate in questi giorni da alcuni leader pd della generazione passata. Anche se chi lo conosce bene dubita che Renzi sorvoli del tutto sull’argomento. Senza esagerare però perché il profilo che il premier vuole darsi alla Festa è quello dell’uomo di governo. Anche a Bologna, quindi rivendicherà le cose fatte finora dal suo esecutivo e ritornerà su quelle ancora da fare.
Del resto è stato proprio questo il leitmotiv del suo discorso di ieri in fabbrica. E per dimostrare che il governo sta facendo di tutto, nonostante le accuse di «annuncite», per «rilanciare il Paese», ieri Renzi ha incontrato il gran capo del colosso dell’acciao indiano, Sajian Jindal, sugli investimenti a Piombino.