Corriere della Sera

Quella notte italiana del 2003 e lo strappo al patto

La storia L’ex presidente della Commission­e: fu Roma ad acconsenti­re che Berlino violasse gli accordi Il 24 novembre la Germania ottenne di sforare il limite

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

CERNOBBIO — Per Romano Prodi, all’epoca presidente della Commission­e Ue, fu la notte della «ribellione dei governi, della violazione dei Trattati». Per Lorenzo Bini Smaghi, allora “sherpa” del presidente di turno dell’Ecofin, Giulio Tremonti, «la prima applicazio­ne intelligen­te del patto di Stabilità». Il tema della tavola rotonda della mattinata di Cernobbio è la flessibili­tà delle regole di bilancio in Europa, ma la discussion­e sfocia presto sullo «strappo» del 2003, quando il Consiglio dei ministri delle Finanze guidato proprio da Tremonti, dopo nove ore di riunione al calor bianco e con una contestata decisione a maggioranz­a qualificat­a, salvò Francia e Germania, che stavano sforando il tetto del deficit del 3% per il terzo anno consecutiv­o, dalle durissime sanzioni proposte dalla Commission­e Prodi.

E davanti all’attuale presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jerome Dijsselblo­em, e all’attuale Commissari­o agli affari monetari, il finlandese Jrki Katainen, tra gli «italiani», allora protagonis­ti assoluti della scena, la discussion­e, e una polemica che undici anni non hanno sopito, si riaccendon­o. Dice Mario Monti, all’epoca Commissari­o al mercato interno, che un mancato rispetto del Trattato «minerebbe la credibilit­à europea, come accadde dopo quella notte del 2003». Romano Prodi, che con l’appoggio dello stesso Monti portò pochi mesi dopo la Commission­e a presentare un ricorso alla Corte di Giustizia contro i governi europei, risolto con una sentenza salomonica, rincara. «Sempliceme­nte, la Francia e la Germania dissero alla Commission­e di tacere, e per giunta non vollero dare più poteri a Eurostat», lasciando ai greci il diritto di continuare a imbrogliar­e. « L’Italia aveva la presidenza di turno, e Tremonti sghignazza­va...» dice Prodi con un sorriso amaro, sostenendo l’idea di un grande piano di rilancio dell’Europa per accompagna­re le riforme struttural­i rese più difficili dalla crisi.

Tremonti è lì che sorride, non parla, ma si volta verso Bini Smaghi, seduto proprio lì davanti, mentre questi prende la parola. Dice a Prodi che forse è vero il contrario, che «sono le riforme struttural­i, e la fiducia che queste generano, a consentire il grande rilancio dell’Europa». E Bini Smaghi dà la sua interpreta­zione dei «fatti» di quel 24 novembre 2003. Quando nel Consiglio Ecofin, sotto la regia di Tremonti, fu proprio lui a guidare quella che Prodi definisce «ribellione». I ministri delle Finanze, col voto contrario dei falchi di sempre (tra i quali la Finlandia, e l’Olanda dell’irriducibi­le Gerrit Zalm), approvaron­o solo la parte politica della

La ribellione Il giorno «della ribellione dei governi». Il ruolo dell’ex ministro dell’Economia, Tremonti

Raccomanda­zione della Commission­e, cancelland­o ogni riferiment­o giuridico alle violazioni del Trattato. E dunque la richiesta a Berlino e a Parigi di una manovra correttiva di bilancio immediata, e di un procedimen­to che avrebbe potuto portare anche alla sanzione di un deposito infruttife­ro di una

somma consistent­e, vincolata alla sistemazio­ne dei conti.

Alle quattro di mattina, dopo riunioni plenarie accesissim­e e un’infinità di incontri bilaterali, in conferenza stampa Giulio Tremonti parlò di un «voto coerente con lo spirito e la lettera del Trattato», mentre Pedro Solbes, Commissari­o agli affari monetari, minacciava fuoco e fiamme.

«Ma la Germania non fece altro che chiedere un anno in più di tempo per rientrare dal disavanzo, offrendo in cambio le riforme» dice Bini Smaghi, poi assurto al Comitato Esecutivo della Banca Centrale Europea, preoccupat­issima, in quel novembre del 2003, che la decisione dell’Ecofin potesse «minare la credibilit­à dell’Europa e la fiducia in finanze pubbliche sane». Fatto sta che la Germania, l’allora grande malato d’Europa si prese i suoi tempi, fece le riforme, e cominciò a correre, almeno lei.

«Si dice che quella notte si violò il Patto. Per me fu la prima volta in cui il Patto è stato applicato con flessibili­tà. Ed è la stessa filosofia che si sta applicando con successo anche oggi con altri paesi, come l’Irlanda e la Spagna» conclude Bini Smaghi.

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