Le carte di Craxi ad Hammamet: così ci siamo arresi
Gli ultimi scritti del leader psi, che seguì fino alla fine le vicende italiane. La citazione di Croce: in politica l’onestà è la capacità «I parametri europei non diventino dogmi La Seconda Repubblica? Falsa rivoluzione»
MILANO — Bettino Craxi, negli anni di Hammamet (1994-2000), scrive. Articoli, note, interventi, a getto continuo. Scrive nella convinzione di impedire che prevalga «la storia dei vincitori». Il leader socialista, premier dal 1983 al 1987, è riparato nella città tunisina in seguito alle accuse di corruzione e finanziamento illecito dei partiti. Da lì, da quella casa da cui «può quasi toccare l’Italia con la mano», segue meticolosamente fatti e persone della Seconda Repubblica subentrati al sisma che ha azzerato la Prima. Partecipa, e con passione, a una vicenda dalla quale è ormai del tutto escluso, il suo nome rimosso e quasi impronunciabile, tranne che per i fedelissimi. Questa mole di carte che quasi quotidianamente spedisce via fax da Hammamet finisce perlopiù, annota lo stesso leader del Psi, «nei cestini della carta» dei grandi quotidiani. Eppure continuerà a scrivere fino a un mese prima della morte.
Il volume Bettino Craxi. Io parlo, e continuerò a parlare, curato dallo storico Andrea Speri, raccoglie quegli interventi, una parte inediti e altri che all’epoca furono pubblicati solo da fogli socialisti come L’Avanti e Critica Sociale oppure da giornali locali. Un lavoro che, sostiene il curatore, può servire «alle nuove generazioni che di Craxi sanno poco» e «a quelle vecchie che di lui ritengono di sapere tutto e che forse troppo in fretta ne hanno fatto — come disse Cossiga — un capro espiatorio».
La raccolta è un documento storico, ma non solo. È anche un punto di vista sulla politica di un leader nel momento della sua caduta: «Ripetere le proprie idee fino a sfiancarsi, è il solo modo per difendere la propria libertà: difendo la politica, la sua autonomia, il suo valore». Lo stile diretto, le cose «prese di petto», si ritrovano nel libro, a cominciare dall’incipit: «A dieci anni ho fracassato a sassate i vetri della Casa del fascio del paesino dove la mia famiglia era sfollata».
Parti del volume riguardano la vicenda giudiziaria vista con gli occhi dell’interessato: la giustizia è «politica», i processi «speciali», In Tunisia Bettino Craxi (1934-2000) ad Hammamet: l’ex leader del Psi si rifugiò in Tunisia dal ‘94 alla morte: con fax e lettere aperte, continuò a commentare le vicende della politica italiana i magistrati «angeli vendicatori» e Hammamet «un esilio». Sono gli aspetti più noti del pensiero del segretario del Psi sul passaggio — Craxi lo chiama il «disegno» — che ha portato alla fine della Prima Repubblica: «I partiti aggrediti si arresero».
Un capitolo sull’Europa, per i temi, sembra scritto ieri: «I parametri di Maastricht» annota nel ‘97 «non possono diventare dogmi: senza nuove condizioni l’Italia finirà in un limbo o andrà all’inferno».
Gli aspetti più inediti riguardano la Seconda Repubblica, una «falsa rivoluzione» secondo Craxi: il primo governo del centrodestra, le mosse di Bossi, Fini, Buttiglione, il governo tecnico di Dini, Prodi e il successivo D’Alema: quasi tutto è «trasformismo». Si salva Berlusconi, «nuovo» almeno per quanto riguarda la politica. Craxi associa la propria
Il libro
In uscita Il libro (pp. 264, 18), a cura di Andrea Spiri ed edito da Mondadori, raccoglie articoli e interventi del leader del Partito socialista scritti in Tunisia tra il 1994 e il 1999. Il volume sarà in libreria da martedì vicenda giudiziaria alle inchieste sul Cavaliere e quando il 22 novembre ‘94 arriva l’avviso di garanzia della Procura di Milano Craxi sostiene di saperlo già: «Me lo scrissero a luglio, il mese dei veleni, in cui si ordiscono congiure prima di andare in vacanza». La «congiura» contro il Cavaliere e quella contro di lui: le successive inchieste sul leader di Forza Italia (e la prima condanna nel ‘97) lo spingeranno a profetizzare l’«eliminazione» dalla scena anche di Berlusconi e, per l’Italia, un destino cattocomunista lungo «un ventennio».
Ma il cruccio più pressante resta il discredito in cui è caduta la politica fino a immaginare un futuro dominato da «plutocrazia e videocrazia» dove i cittadini diventano «gente». Che lui stesso, Craxi, possa essere una delle cause di quel discredito non è un argomento. Non ci sono autocritiche, ma una chiamata di correo al Pci-Pds sul finanziamento illegale: D’Alema, in particolare, «non poté non occuparsi personalmente» dei soldi al suo partito. Il tema dell’onestà Craxi lo affronta usando alcuni passaggi di un saggio del ‘31 di Benedetto Croce: «Ma che cos’è dunque l’onesta politica? Non è altro che la capacità politica... Perché è evidente che le pecche che possa eventualmente avere un uomo fornito di capacità e genio politico, se concernono altre sfere di attività, lo renderanno improprio in altre sfere, ma non già nella politica…perché in quella è la sua passione, il fine sostanziale della sua vita».