La pioggia e il fango devastano il Gargano
Un morto e un disperso, un migliaio di turisti evacuati. Auto e roulotte trascinate in mare
PESCHICI (Foggia) — Sette anni fa fu il fuoco. Un gigantesco incendio che mise in fuga duemila turisti e fece tre vittime. Adesso è l’acqua, caduta dal cielo come non avveniva da ottant’anni — tanta pioggia in cinque giorni quanta non se n’era vista in tutto l’autunno scorso —, che ha fatto scappare più di mille turisti e ha ingoiato due persone, Antonio Facenna, un ragazzo di 24 anni, e il settantenne Vincenzo Blenxs, ufficialmente ancora «disperso».
L’anno scorso e nel 2001, invece, fu la terra a tremare — qui, avviene con una certa frequenza — ea mettere a dura prova la resistenza del promontorio del Gargano con scosse che non hanno ucciso, ma ne hanno lavorato i fianchi e hanno lasciato i segni.
Per sua fortuna il Gargano è geomor-fologicamente come un pugile solido, se va al tappeto si rialza e continua a combattere, difficile assestargli il colpo del knock down. Ma anche un boxeur così coriaceo non può resistere all’infinito alla potenza del fuoco, dell’acqua, della terra, e ridursi a sperare che un giorno non venga a saggiarne la fibra anche l’aria, magari con la forza devastante di un uragano.
Gli incendi del 2007 furono accidentali ma anche dolosi, con la finalità di bruciare per costruire anche nei posti più improbabili. L’alluvione di questi giorni invece è stata un fenomeno naturale, è vero, ma il deflusso delle acque, l’esondazione di canali e torrenti, le frane e gli smottamenti, le undici strade interrotte, hanno dimostrato che quando non ci si prende cura
Le precipitazioni In cinque giorni è caduta la stessa acqua che in un intero autunno: non accadeva da 80 anni
della terra, dei corsi d’acqua, delle strade, e quando si costruisce fin sotto i costoni delle montagne, una sola pioggia torrenziale basta e avanza a trasformare i punti critici in punti tragici. Anche se a proteggerti hai i tronchi e le radici degli alberi della Foresta Umbra e tutto il sistema boschivo e i pascoli del Parco nazionale del Gargano.
Anche ieri, come sette anni fa, la gente si è sentita in trappola ed è scappata via terrorizzata. I campeggi, gli alberghi, i resort, che già se la son dovuta vedere con una stagione turistica menomata dalla recessione economica, si sono trasformati in luoghi di pena.
«Il dissesto non solo uccide e devasta territori ma aumenta il debito pubblico — ha detto Erasmo D’Angelis, coordinatore della task force di Palazzo Chigi —. Solo negli ultimi 7 mesi i nubifragi e gli allagamenti hanno causato vittime e sfollati e prodotto 3,4 miliardi di danni e devastazioni». Le località più colpite — Peschici, San Menaio, Rodi Garganico e Vieste sulla costa, Vico del Gargano, Carpino, San Marco in Lamis e San Giovanni Rotondo all’interno —, hanno vissuto giorni di panico, con l’acqua alla gola è il caso di dire, e gli sfollati a decine, i sindaci in difficoltà, i bambini in lacrime, le auto e le roulotte trascinate in mare, i soccorritori ammirevoli nell’abnegazione, ma impantanati anche loro nel fango e sempre con gli occhi rivolti al cielo nella speranza che smettesse di diluviare. Poi però è andata via anche la corrente (a 5 mila utenze), le linee telefoniche si sono interrotte, in qualche comune l’acqua ha rotto le condotte del gas e persino il segnale dei cellulari si è affievolito. E in tutta l’area colpita dal maltempo è calato un silenzio irreale.
A San Marco in Lamis, dove gli sfollati sono al momento 150, i danni avrebbero potuto essere ancora più gravi, forse catastrofici, se negli anni passa-