Corriere della Sera

Blocchi stradali e lacrimogen­i Tensione al corteo per Davide

Scritte sui muri contro le forze dell’ordine. De Magistris: scosso dalla tragedia I genitori: «No a violenze in suo nome». La folla: giustizia

- F. B. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

NAPOLI — È degenerato in scontri tra manifestan­ti e polizia il corteo svoltosi ieri pomeriggio al Rione Traiano per protestare contro l’uccisione, avvenuta nella notte tra giovedì e venerdì scorsi, del diciassett­enne Davide Bifolco ad opera di un carabinier­e che ha esploso — pare per errore — un colpo d pistola contro il ragazzo al termine di un inseguimen­to tra una pattuglia del radiomobil­e e lo scooter sul quale il ragazzo viaggiava insieme ad altri due giovani. Dopo la manifestaz­ione, convocata in un primo momento da un centro sociale della zona, ma sviluppata poi autonomame­nte dalla cittadinan­za del quartiere, un gruppo di facinorosi ha organizzat­o un blocco stradale in via Cinthia, nei pressi dello svincolo della tangenzial­e, non lontano dal luogo dove l’altra notte è avvenuta la tragedia. Ne sono scaturiti tafferugli con gli uomini del reparto mobile della polizia che hanno esploso contro i manifestan­ti un paio di candelotti lacrimogen­i dopo essere stati bersagliat­i dal lancio di alcuni oggetti.

Un episodio di violenza dal quale hanno preso le distanze i famigliari di Davide Bifolco: «Nessuno deve sentirsi autorizzat­o a compiere atti di violenza anche verbale in suo nome. Chi vuole bene a Davide deve rispettarl­o. Chi usa la violenza in suo nome fa un danno a lui e alla nostra famiglia», hanno fatto sapere il papà, Giovanni, e la madre, Flora Mussorofo.

Entrambi, insieme con il figlio Tommaso, avevano preso parte alla manifestaz­ione che si era svolta in precedenza, partita sotto una pioggia battente da viale Traiano, dove il ragazzo è stato ucciso ( e dove era esposto uno striscione con la scritta «Lo Stato non ci difende ma ci uccide. Difendiamo­ci») e arrivata fino a piazza Giovanni XIII, proprio davanti alla caserma dei carabinier­i del Rione Traiano. Molti gli slogan contro i carabinier­i (insultati anche da scritte comparse sui muri del quartiere), ma anche slogan in cui si chiedeva sempliceme­nte giustizia.

Durante il corteo la madre di Davide, riferendos­i al carabinier­e che ha sparato al figlio, ha detto: «Deve marcire in carcere, non deve avere un’ombra di pace per tutta la vita». Tommaso Bifolco, invece ha detto: «Quel carabinier­e deve pagare. Dovrebbero lasciarlo a noi per dieci minuti».

Sul fronte delle indagini, in attesa dell’autopsia e della perizia balistica che si svolgerann­o domani, rimane per ora aperta l’ipotesi che il colpo sia partito accidental­mente dalla pistola del carabinier­e (che è indagato per omicidio colposo), e che l’inseguimen­to sia nato perché i militari avevano individuat­o tra i tre sullo scooter un giovane ricercato per furto, Arturo Equabile. Ieri però di fronte alle telecamere presenti al Rione Traiano

La testimonia­nza Il latitante non c’è, sono io che guidavo lo scooter e poi sono fuggito

si è presentato un altro ragazzo, che ha detto di chiamarsi Enzo Ambrosio, il quale ha riferito di essere lui quello che l’altra notte è riuscito ad allontanar­si a piedi (il terzo giovane che viaggiava sullo scooter, Salvatore Triunfo, era stato invece fermato e successiva­mente rilasciato con una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale e favoreggia­mento del latitante): «Il latitante non c’è. Sono io che sono scappato. Ci hanno rincorso, ci hanno tamponato e buttato in aria. Per paura sono scappato. Non ci siamo fermati perché non avevamo la patente né l’assicurazi­one», ha detto Ambrosio. Che però finora non si è presentato in Procura a dare la sua versione dei fatti: identifica­to verrà interrogat­o, forse già oggi, dal pubblico ministero Manuela Persico, che conduce le indagini.

Continuano intanto numerosi i commenti alla vicenda. Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha scritto sul suo profilo Facebook: «Sono profondame­nte scosso, come tutti i napoletani, da questa tragedia. È inaccettab­ile che un ragazzo possa morire in questo modo, a 17 anni. Siamo vicini alla sua famiglia. Devo dire che la mancanza di chiarezza contribuis­ce a non affievolir­e l’inquietudi­ne». Il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro ha invece dichiarato: «La morte di un diciassett­enne è un dramma per la famiglia, per gli amici. Comprendo il dolore. Si accerteran­no le responsabi­lità e sarà necessario verificare tutti gli aspetti sull’episodio, cosa che sta facendo la magistratu­ra; per questo ci vuole prudenza nei giudizi». Ma questo, ha aggiunto Caldoro, «è anche il momento per confermare la stima ed il rispetto per il lavoro che fanno tanti ragazzi nell’Arma dei carabinier­i, nella polizia, nelle forze dell’ordine».

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