Corriere della Sera

«Pochi e sotto pressione, ma non siamo pistoleri»

Un collega del militare che ha sparato: «Immagino come si sente, lui è il primo a sapere di aver sbagliato» Tra i carabinier­i napoletani: «Nell’area più violenta d’europa la notte al lavoro per la strada solo 8 auto delle forze dell’ordine»

- DAL NOSTRO INVIATO Marco Imarisio

NAPOLI — Ai due ragazzi in motorino senza casco che gli sfrecciano davanti non ci fa neppure caso. «Quello è il meno. Certo, so bene che la legalità comincia dai dettagli, ma a parlare da lontano sono buoni tutti. Cosa significa fare il carabinier­e in questa città bisogna viverlo e vederlo da vicino, non c’è altro modo».

L’umore è cupo come il cielo che incombe su Mergellina e sulla caserma Caracciolo. L’appuntato ha lo stesso grado e quasi la stessa età del collega che la scorsa notte ha sparato addosso a un ragazzo inerme. L’Alfa 155 che ha speronato il motorino è partita da qui, dalla sede del Radiomobil­e dell’Arma vicina alla vecchia stazione ferroviari­a. «Non ci ho parlato ma immagino come si sente. Lui è il primo a sapere di aver sbagliato». La voglia di parlare è poca, anche sotto anonimato. «Vorrei che la gente sapesse che non siamo pistoleri o giustizier­i della notte, non conosco nessuno che si sente così. Ne conosco tanti, me compreso, che sentono sulla loro pelle la fatica di lavorare in una città dove la tensione è continua, dove non sai mai quello che ti aspetti, una città che ti condanna a vivere con il colpo in canna».

L’altra mattina gli ha telefonato un collega di Milano con il quale otto anni fa aveva fatto il corso di addestrame­nto. « Succede solo da voi» gli ha detto, e poi gli ha chiesto quando si deciderann­o a cambiare le regole di ingaggio. «La classica domanda di chi non conosce la realtà di cui si parla. A Napoli? Inseguire e ammanettar­e la gente senza colpo in canna o senza pistola nella città dove non sai mai chi ti trovi davanti, in zone dove a ogni motorino corrispond­e un’arma forse pronta a sparare? Magari altrove. Non qui».

Il crinale di questa conversazi­one è molto sottile. Ogni parola può sembrare il tentativo di giustifica­re l’ingiustifi­cabile, l’appuntato ne è consapevol­e. Anche i numeri possono essere letti in controluce. «La tragedia è avvenuta quasi alle tre di notte. Quella pattuglia era uscita alle 18. I nostri turni sono di sei ore e lasciamo perdere il fatto che solo la metà degli straordina­ri che facciamo ci viene riconosciu­ta e pagata, non è questa la sede. In quel momento c’erano per strada solo altre quattro auto nostre. Mettiamoce­ne altre quattro della Polizia, perché una fetta la facciamo noi, un’altra loro. Sono otto macchine, in una città da due milioni di abitanti, nell’area metropolit­ana più grande e violenta d’Europa».

La cronaca recente produce qualche pezza d’appoggio a uno stato d’animo che volge al brutto. Andando a ritroso, quattro

Sparita l’omertà «Adesso che uno dei nostri ha fatto qualcosa di brutto ci sono decine di testimoni»

giorni fa nel quartiere di San Giovanni a Teduccio un commando a bordo di due scooter ha esploso quaranta colpi di kalashniko­v contro una palazzina dove forse abitava l’esponente di un clan rivale, e solo per caso non c’è andato di mezzo qualche ignaro inquilino. Il giorno seguente durante un controllo al Materdei, nel cuore del rione Sanità, i carabinier­i fermano quattro persone sospette su un’auto. Fuga, inseguimen­to, arresto. Erano armati fino ai denti. Con quelle stesse armi avevano fatto il tiro al bersaglio con le finestre delle case dove abitano le famiglie che si spartiscon­o il quartiere. «Non c’è più un disegno di grande criminalit­à. Si ammazzano per il controllo di un isolato, di pochi numeri civici. Casino totale, addio al Sistema con maiuscola, frammentaz­ione dei clan. La camorra è diventata gangsteris­mo urbano, il problema è questo. E noi ci siamo in mezzo. Puoi capire come ci sentiamo tranquilli a un posto di blocco o durante un inseguimen­to. E adesso dobbiamo sentire lezioni di Galateo delle forze dell’ordine da parte di quelli che sanno sempre tutto, ma a distanza. Il colpo in canna è poco ortodosso? E Napoli cos’è allora?».

Napoli è una città che contiene almeno altre venti città dove i carabinier­i sono stranieri, persone non grate, cittadini di un altro Stato senza visto d’ingresso. L’appuntato ascolta il lungo rosario e annuisce, ogni tanto corregge, precisa, conosce a memoria quei nomi. «Per voi ci sono solo Scampia e Secondigli­ano, da giovedì notte forse anche rione Traiano. Ma ci sono posti anche peggiori. C’è il rione Luzzatti a Gianturco, appena dietro il centro direzional­e dove ci sono gli uffici della procura, c’è il rione Amicizia alla Doganella, che se entri con l’auto dopo puoi uscire solo in retromarci­a. E poi il Bisignano a Barra, Pazzigno a San Giovanni a Teduccio. Ci andiamo qualche volta quando si fanno i pattuglion­i, ma garantire una presenza costante è quasi impossibil­e. Non è paura, ma semplice buon senso. Pochi contro tanti, una questione di inferiorit­à numerica. E appena ti vedono non ti fanno certo le feste».

Anche un gesto normale come il racconto alle autorità di ciò che si è visto può essere letto come un segno di ostilità da chi è abituato a ricevere solo silenzi. «Adesso che uno dei nostri ha fatto qualcosa di brutto, prendo atto della numerosa quantità di testimoni desiderosi di parlare e di essere utili alle indagini. Mi fa piacere. Spero che sia l’inizio di un nuovo corso. Ma temo che sia solo una parentesi dovuta a circostanz­e particolar­i». Nel maggio di quest’anno l’appuntato era di pattuglia quando un pregiudica­to venne ucciso a Pianura. «Lo ammazzaron­o in mezzo alla strada, in pieno giorno, le sei di sera se ricordo bene. Ci mettemmo a chiedere alle persone nelle case di fronte, ai negozianti, ai passanti. Nessuno aveva visto nulla. Nessuno sapeva chi fosse quell’uomo, che poi scoprimmo residente nella stessa via del delitto. Questa è la regola. Con noi non parlano. Non si fidano. In certi quartieri non siamo noi gli interlocut­ori della gente, non siamo noi i tutori dell’ordine, i guardiani della loro tranquilli­tà. Sono gli altri».

Gangster «Qui si ammazzano per il controllo di un isolato. La camorra oggi è gangsteris­mo urbano»

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