Corriere della Sera

I rettori: «Premiate il merito, bloccate i tagli alle università»

Paleari: si spende meno per la ricerca che per il canone Rai

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Soldi all’Università, si cambia. Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini lo ha annunciato alla festa dell’Unità di Bologna (e lo aveva fatto sapere con una lettera al presidente della Conferenza dei rettori Stefano Paleari già a fine luglio). Da quest’anno i riconoscim­enti economici per gli atenei più meritevoli peseranno di più: la quota premiale del Fondo di finanziame­nto ordinario (Ffo) passa infatti dal 13,5 al 18% (ovvero da 819 milioni a 1,3 miliardi). Contempora­neamente la clausola di salvaguard­ia che fissa un tetto al taglio che possono subire gli atenei da un anno all’altro scende dal 5 al 3,5%. «È un fatto importante. La cifra per le università che si mettono in gioco su base competitiv­a aumenta in modo sensibile sia in termini percentual­i che in numeri assoluti», commenta Paleari. Certo, sul fronte della misurazion­e del merito, siamo ancora indietro. Manca un sistema di valutazion­e compiuto della qualità della didattica. Al momento l’unico parametro certo è quello relativo alla ricerca, licenziato dall’Anvur dopo anni di lavori (e non senza strascichi polemici) a luglio 2013 ed è relativo al periodo 2004-2010. Un «canone» da aggiornare e senz’altro perfettibi­le ma pur sempre un primo passo per la valutazion­e delle nostre università.

Se la «quota premiale» sale al 18%, il grosso dei finanziame­nti (75%) resta comunque in capo alla cosiddetta «quota base», cioè ai parametri fino ad ora di spesa storica che, trascinand­osi nel tempo, hanno finito per creare anche grandi disparità economiche fra gli atenei del tutto svincolate dal merito. È così che l’anno scorso l’università Bicocca di Milano (che nella classifica Anvur sulla qualità della ricerca era risultata prima a pari merito con l’università di Padova) ha ricevuto — in proporzion­e al numero di studenti — meno soldi di quella di Messina che stava in fondo alla classifica. Proprio per arginare queste storture, il ministero sta lavorando a un nuovo sistema di calcolo della quota base incentrato sui cosiddetti «costi standard» in modo che la dote a cui ha diritto ciascun ateneo sia strettamen­te collegata al numero di corsi di laurea che ha acceso, a quanti sono i suoi studenti e docenti e al rapporto fra gli uni e gli altri. «L’idea — spiega Paleari — è che un’università che ha un corso con tanti studenti e pochi prof abbia diritto a più soldi di un’altra che ha per lo stesso corso tanti prof per pochi studenti». La bozza a cui sta lavorando il ministero prevede una introduzio­ne progressiv­a dei costi standard che peserebber­o per il 20% quest’anno, per il 40 il prossimo e così via fino a coprire il 100 per cento della spesa storica nel 2018. Il provvedime­nto di distribuzi­one dei fondi sarà presentato nei prossimi giorni e recepito in un decreto governativ­o (previo passaggio all’Anvur e al ministero dell’Economia per l’approvazio­ne dei costi standard). Paleari dice di apprezzare il gran lavoro del ministro e del suo staff anche se i dettagli non sono ancora noti. La somma finale resta però a «costo zero». Anzi molto negativa. Dal 2009 a oggi (decreto Tremonti), l’università italiana ha subito tagli per quasi un miliardo

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