«Atenei al top a Roma e Milano»
L’Italia non convince per qualità della vita, con buona pace del mito ormai fané della Dolce vita, ma è promossa per qualità del sistema educativo. Almeno, quello delle sue due metropoli. «Sia Roma che Milano totalizzano un punteggio pari a 100 nel nostro indice di valutazione», spiega Jon Copestake, l’analista capo dell’Economist Intelligence Unit, che cura l’indice di vivibilità. Insomma, se Roma si posiziona solo al 49° posto, con Milano al 46°, nella hit-parade sulla «vivibilità» delle megalopoli globali (il podio va a Melbourne, Vienna e Vancouver), scuole e università italiane sono di qualità internazionale: «Un punteggio perfetto — dice Copestake —. Guardando ai 30 parametri valutati dalla classifica, le due città hanno ottimi voti anche per l’ambiente culturale». (il Ffo è passato da 7,5 a 6,7 miliardi, mentre in Germania l’università costa allo Stato 25 miliardi, in Francia 20, in Inghilterra 10). «A legislazione vigente l’anno prossimo ci sarà un ulteriore salasso da 163 milioni. Il taglio previsto quest’anno era stato evitato all’ultimo dal governo Letta inserendo nella finanziaria 170 milioni per l’università», spiega Paleari. Il suo auspicio è che anche Renzi faccia lo stesso visto il dichiarato intento di investire in istruzione e ricerca. «La mia proposta al governo — dice — è di destinare per intero il recupero del taglio ai giovani ricercatori. Dobbiamo frenare la fuga dei cervelli, non servirli su un piatto d’argento agli altri Paesi dopo averli formati». In 5 anni il taglio di fondi all’università si è tradotto in un’emorragia di ricercatori: da oltre 60 mila a 53 mila. «Nessun comparto pubblico ha subito una simile contrazione. Questo mina la competitività del nostro Paese, le sue prospettive di crescita futura. Ma è mai possibile — conclude Paleari — che gli italiani spendano per l’università meno che per il canone Rai?».