La divisa Walmart? Se la pagano i dipendenti
Un semplice specchietto infografico pubblicato sull’intranet aziendale che avvisa del cambio della divisa dei lavoratori. «Per aiutare i clienti a trovarvi» spiega con un messaggio Barbara Simone, responsabile delle risorse umane. Un messaggio come tanti, se non fosse che in Walmart, la multinazionale statunitense della grande distribuzione che ha pubblicato qualche giorno fa l’avviso sul web, sono volate proteste e commenti anonimi indignati. Perché la nuova divisa (t-shirt bianche o blu e pantaloni neri o color kaki. Vietati i jeans) è a carico dei dipendenti. «Con tutto il rispetto per l’azienda - ha scritto un lavoratore online - questo è un altro onere finanziario per la nostra famiglia in cui il mio stipendio è l‘unica fonte di reddito. Pagare per una nuova uniforme è sciocco, quella che abbiamo cos’ha che non va? ». Dello stesso identico tenore le altre segnalazioni pubblicate sul web. «Continuare a cambiare il dress-code non ci aiuta, soprattutto se è a carico nostro». Polemiche e segnalazioni che sono finite anche su Our Walmart, una pagina online creata proprio in difesa dei dipendenti Walmart. Non è la prima volta infatti che il colosso Usa fondato negli anni ‘60 da Sam Walton, finisce al centro delle polemiche. Nel 2011 fu addirittura intentata una mega class action da un milione e mezzo di impiegate che lamentavano discriminazioni salariali. E a fine 2013 alcuni lavoratori dell’Ohio, in occasione della festa del ringraziamento, fecero partire una vera e propria colletta alimentare interna per sostenere il menu del ringraziamento suscitando polemiche sui bassi salari erogati dal colosso americano. «Potete comprare le nuove divise con lo sconto nel nostro store online» si è affrettata a precisare la responsabile delle risorse umane Barbara Simone. E i commenti indignati sono giustamente triplicati.