Alba madre ossessiva è la regina di Venezia
Leone
d’oro al filosofico Piccione svedese di Roy Andersson. Chiude la Mostra di Venezia e gli applausi all’Italia sono tutti per Alba Rohrwacher (nella foto con la Coppa Volpi), miglior attrice per Hungry Hearts di Saverio Costanzo, che trascina sul podio il collega Adam Driver.
Alba Rohrwacher tiene alta la bandiera italiana alla 71esima Mostra di Venezia. Con un ruolo a rischio — una madre che per troppo amore finisce per far male al figlio — questa attrice schiva e minuta, lontanissima dai canoni acclamati della «bellezza italica», ha saputo conquistare una meritatissima Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile in Hungry Hearts di Saverio Costanzo. Trascinando sul podio anche il suo collega Adam Driver, premiato per l’interpretazione maschile. L’accoppiata, che un po’ ha sorpreso soprattutto per il riconoscimento all’attore visto il gran numero di prove eccellenti (ricordiamo almeno quelle di Michael Keaton, Viggo Mortensen o Elio Germano), acquista ulteriore forza dal resto dei premi, tutti ampiamente condivisibili. Il Leone d’oro a Roy Andersson per il suo «filosofico» piccione sul ramo, quello d’argento per la regia ad Andrej Konchalovskij e il Gran Premio della giuria a Look of Silence di Oppenheimer (che il giurato Tim Roth ha definito «un capolavoro» rendendo pubblica durante la premiazione la sua passione ma anche, se ne deduce, le divisioni che non hanno permesso al film di conquistare il primo premio), quei tre riconoscimenti — dicevo — premiano alcuni dei film migliori visti al festival. Certo, personalmente avrei voluto che anche altri titoli ottenessero un qualche riconoscimento: dispiace per l’esclusione di Anime nere, di Red Amnesia, di Le dernier coup de marteau (che pure ha fatto vincere al suo interprete Romain Paul il premio Mastroianni per la miglior giovane speranza) ma i premi sono quelli e non si possono moltiplicare come i pani e i pesci. Piuttosto gli applausi e i consensi generali confermano che si può tranquillamente fare un festival senza i blockbuster di Hollywood (tra parentesi: i titoli più deludenti erano proprio quelli che davano l’impressione di essere stati selezionati solo per merito della star che li interpretavano…) ma cercando tra chi crede ancora in un cinema di ricerca e di scavo. Un discorso a parte merita la selezione italiana che ha raccolto apprezzamenti pressoché unanimi, soprattutto dopo anni di fischi e contestazioni. Può essere un buon punto di ripartenza per rinsaldare un rapporto col pubblico che qui a Venezia ha saputo fondere, nei film presentati, una ritrovata energia narrativa con l’entusiasmo di un gruppo invidiabile di interpreti. Due elementi capaci di far presa sul pubblico (sensibile alle «belle storie» e ai «bravi attori») e di aprire al nostro cinema la strada di una sua piena rinascita. Anche in mancanza di Leoni d’oro o d’argento.