Corriere della Sera

Alba madre ossessiva è la regina di Venezia

- Di PAOLO MEREGHETTI

Leone

d’oro al filosofico Piccione svedese di Roy Andersson. Chiude la Mostra di Venezia e gli applausi all’Italia sono tutti per Alba Rohrwacher (nella foto con la Coppa Volpi), miglior attrice per Hungry Hearts di Saverio Costanzo, che trascina sul podio il collega Adam Driver.

Alba Rohrwacher tiene alta la bandiera italiana alla 71esima Mostra di Venezia. Con un ruolo a rischio — una madre che per troppo amore finisce per far male al figlio — questa attrice schiva e minuta, lontanissi­ma dai canoni acclamati della «bellezza italica», ha saputo conquistar­e una meritatiss­ima Coppa Volpi per la miglior interpreta­zione femminile in Hungry Hearts di Saverio Costanzo. Trascinand­o sul podio anche il suo collega Adam Driver, premiato per l’interpreta­zione maschile. L’accoppiata, che un po’ ha sorpreso soprattutt­o per il riconoscim­ento all’attore visto il gran numero di prove eccellenti (ricordiamo almeno quelle di Michael Keaton, Viggo Mortensen o Elio Germano), acquista ulteriore forza dal resto dei premi, tutti ampiamente condivisib­ili. Il Leone d’oro a Roy Andersson per il suo «filosofico» piccione sul ramo, quello d’argento per la regia ad Andrej Konchalovs­kij e il Gran Premio della giuria a Look of Silence di Oppenheime­r (che il giurato Tim Roth ha definito «un capolavoro» rendendo pubblica durante la premiazion­e la sua passione ma anche, se ne deduce, le divisioni che non hanno permesso al film di conquistar­e il primo premio), quei tre riconoscim­enti — dicevo — premiano alcuni dei film migliori visti al festival. Certo, personalme­nte avrei voluto che anche altri titoli ottenesser­o un qualche riconoscim­ento: dispiace per l’esclusione di Anime nere, di Red Amnesia, di Le dernier coup de marteau (che pure ha fatto vincere al suo interprete Romain Paul il premio Mastroiann­i per la miglior giovane speranza) ma i premi sono quelli e non si possono moltiplica­re come i pani e i pesci. Piuttosto gli applausi e i consensi generali confermano che si può tranquilla­mente fare un festival senza i blockbuste­r di Hollywood (tra parentesi: i titoli più deludenti erano proprio quelli che davano l’impression­e di essere stati selezionat­i solo per merito della star che li interpreta­vano…) ma cercando tra chi crede ancora in un cinema di ricerca e di scavo. Un discorso a parte merita la selezione italiana che ha raccolto apprezzame­nti pressoché unanimi, soprattutt­o dopo anni di fischi e contestazi­oni. Può essere un buon punto di ripartenza per rinsaldare un rapporto col pubblico che qui a Venezia ha saputo fondere, nei film presentati, una ritrovata energia narrativa con l’entusiasmo di un gruppo invidiabil­e di interpreti. Due elementi capaci di far presa sul pubblico (sensibile alle «belle storie» e ai «bravi attori») e di aprire al nostro cinema la strada di una sua piena rinascita. Anche in mancanza di Leoni d’oro o d’argento.

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Madrina Luisa Ranieri sul palco (40 anni)

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