Corriere della Sera

IL DEPUTATO E LE TANGENTI

Accuse a Di Stefano, coordinava un tavolo alla Leopolda

- Di Fiorenza Sarzanini

Valigette piene di soldi e documenti: l’inchiesta che contesta al deputato Marco Di Stefano, coordinato­re di un tavolo alla Leopolda, di aver intascato tangenti per 1,8 milioni imbarazza il Pd.

Quelle valigette piene di «documenti e valuta» occultate nel bagagliaio dell’auto che viaggiava dalla Francia all’Italia sembrano essere il simbolo dell’inchiesta che sta imbarazzan­do il Partito democratic­o. Perché l’accusa di corruzione contestata dai magistrati romani al deputato Marco Di Stefano potrebbe essere soltanto il primo passo di un’indagine che coinvolge ben altri nomi della politica romana.

Parlamenta­ri della sinistra e della destra accomunati dall’amicizia e soprattutt­o dagli affari conclusi da Antonio e Daniele Pulcini, imprendito­ri immobiliar­i dai mille interessi finiti agli arresti domiciliar­i per aver pagato il direttore del Demanio del Lazio per «pilotare» un’assegnazio­ne. Costruttor­i capaci di tessere una rete che partiva da Di Stefano quando era assessore al Demanio della Giunta regionale guidata da Piero Marrazzo, passava per Antonio Lucarelli capo della segreteria del sindaco Gianni Alemanno, arrivava a Fabio De Lillo, ora alla Regione Lazio per il Nuovo centrodest­ra, ma anche al senatore udc Mario Baccini, ai parlamenta­ri eletti con il Pdl Basilio Giordano e Antonino Foti. Nel gennaio 2013, Pulcini racconta al telefono a un amico di essere «appena uscito dal Campidogli­o, ho concordato un posto nella lista civica». Poi fa il conto delle migliaia di voti che può spostare.

I costruttor­i e i politici I Pulcini e i rapporti con De Lillo (Ncd), Giordano e Foti (Pdl) e il capo segreteria di Alemanno

Gli affari e le minacce

La tangente da un milione e 880 mila euro (oltre a 300 mila euro per il suo collaborat­ore) che Di Stefano avrebbe preso per far affittare alla «Lazio Service» (società controllat­a dalla Regione) due palazzi dei Pulcini al prezzo stellare di 3 milioni e 725 mila euro ciascuno, appare già sufficient­e per comprender­e quale fosse il modus operandi degli imprendito­ri. Anche perché quel contratto consentì poi la vendita degli immobili all’Enpam con una plusvalenz­a che superava il 50% dell’effettivo valore.

Le carte processual­i messe a disposizio­ne della difesa mostrano con quale disinvoltu­ra Di Stefano svolgesse il proprio incarico, modificand­o atti pubblici e rendendo così indispensa­bile — pur consapevol­e che invece non c’era alcuna necessità — la locazione degli stabili. Ma rendono chiari anche i suoi movimenti all’interno del partito per ottenere il posto in Parlamento.

Intercetta­zioni e verifiche compiute dagli specialist­i del Nucleo valutario della Guardia di finanza danno conto di quanto accadde dopo le primarie del Pd per la Camera dei deputati quando Di Stefano, primo dei non eletti, al telefono minacciava «la guerra nucleare, comincia da Zingaretti e li tiro tutti dentro», li accusava di essere «maiali, non è che puoi l’ultimo giorno, l’ultima notte buttar dentro la gente, dopo che dici che stai dentro» e candidamen­te affermava: «Ho fatto le primarie con gli imbrogli». È approdato alla Camera quando il sindaco di Roma Ignazio Marino ha nominato assessore Marta Leonori, che ha così liberato il posto e forse tacitato le minacce. Alla Leopolda era coordinato­re del tavolo sui pagamenti elettronic­i.

Fondi esteri e mazzette

Chiedeva soldi Di Stefano, ma forse non era l’unico. L’indagine coordinata dal procurator­e aggiunto Nello Rossi mira a verificare il ruolo di un faccendier­e che avrebbe trasferito soldi in Lussemburg­o, probabilme­nte provviste da destinare al pagamento di tangenti. Ma anche a chi fosse destinato il denaro fatto rientrare dall’estero nel febbraio 2013 da Daniele Pulcini. L’imprendito­re ne parla al telefono con un’amica, fornisce dettagli su un viaggio in Francia che insospetti­sce i pm. Scrive il giudice nel provvedime­nto che autorizza le intercetta­zioni: «Pulcini, inizialmen­te intenziona­to a recarsi a Nizza a mezzo aereo, ha poi optato per la soluzione stradale incaricand­o due soggetti. Appaiono emblematic­i i termini della tentata prenotazio­ne aerea verosimilm­ente finalizzat­i a evitare, nella fase di rientro, possibili controlli aeroportua­li, talvolta innescati sui bagagli. Non ultimo il fatto di voler evitare la collocazio­ne in stiva di qualcosa di valore, comunque non trasportab­ile a mano. Potrebbe così spiegarsi la volontà di ricorrere al mezzo stradale nella fase di passaggio di confine tra Francia e Italia, verosimilm­ente attraversa­to con materiale e documenti di sicura importanza per Pulcini, probabilme­nte valuta».

Case, permessi e regali

In occasione delle elezioni la famiglia Pulcini metteva a disposizio­ne dei politici amici i locali da usare come uffici. Secondo i controlli degli investigat­ori «uno degli utilizzato­ri potrebbe essere Fabio De Lillo». Agli atti è allegata la trascrizio­ne di una conversazi­one con uno dei dirigenti del gruppo imprendito­riale.

De Lillo: «Mi diceva il geometra che erano pronti

Primarie e imbrogli Al telefono: «Ho fatto le primarie con gli imbrogli, ma ora li tiro dentro tutti»

quel...».

Catitti: «Sì, ho tutto. Ho i due contrattin­i fatti uno per il primo mese e uno per il secondo in modo tale che non li andiamo a registrare e la letterina per l’Acea».

De Lillo: «Perfetto, sto mandando un collaborat­ore da voi alla reception, ritira lui il plico, me lo porta indietro, io lo firmo e da qui a lunedì vi rimando indietro i comodati d’uso».

Catitti: «Allora lo lascio in busta chiusa, a che nome?».

De Lillo: «De Lillo, sta arrivando, sarà lì in 10 minuti».

Nel provvedime­nto del giudice vengono annotati anche «svariati contatti di Daniele Pulcini con l’onorevole Mario Baccini dai quali emerge un rapporto piuttosto confidenzi­ale. Le conversazi­oni oltre ad appuntamen­ti e incontri riguardano la richiesta a Baccini di interventi finalizzat­i a caldeggiar­e certe pratiche burocratic­he riguardant­i la posizione di una donna, evidenteme­nte amica di Antonio Pulcini, nonché adempiment­i aeroportua­li nel territorio del Marocco ove lo stesso Pulcini progettava di recarsi in compagnia femminile».

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Il documento Il nome del parlamenta­re pd Marco Di Stefano e delle altre persone coinvolte, nel decreto di autorizzaz­ione delle intercetta­zioni disposte dal tribunale di Roma
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(da Facebook) A Firenze Marco Di Stefano alla Leopolda

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