Corriere della Sera

Accuse di bluff e ricatti Berlusconi placa i suoi: non temo l’asse coi grillini

Partito nervoso sull’Italicum. Il leader: credo nel patto

- Tommaso Labate © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

ROMA «Presidente, alla Bariatti sono mancati anche i voti di qualcuno dei nostri. In alcuni casi s’è trattato del maltempo, come nel caso della Gelmini che è dovuta correre a Milano. In altri, probabilme­nte, il maltempo c’entra poco…». Alle 17 in punto, quando la bocciatura della candidata forzista alla Consulta s’è consumata già da quaranta minuti, il report telefonico trasmesso da Montecitor­io a Palazzo Grazioli è votato alla massima prudenza. Allarme sì, visto che un patto tra Pd e Cinquestel­le ha prodotto per la prima volta un risultato concreto. Allarme rosso ancora no, dato che – almeno ufficialme­nte – da Forza Italia predicano cautela.

Eppure, il voto sui giudici della Corte Costituzio­nale rischia di produrre degli effetti collateral­i anche sulla delicata partita della legge elettorale.

Il confronto Il segretario pd e l’ex premier si sentiranno domenica per verificare la situazione

Effetti che riguardano proprio la tenuta di Forza Italia. Sarà un caso ma, a pochi minuti dalla bocciatura della Bariatti, Maurizio Gasparri prende il telefonino e twitta 140 caratteri al vetriolo diretti a Renzi. «Premio di lista non lo votiamo. Patto? Sul testo votato alla Camera».

Al periodo mancano due articoli determinat­ivi, perché il vicepresid­ente del Senato risparmia lo spazio per un hashtag – diretto all’inquilino di Palazzo Chigi – che si ferma a cinque caratteri dall’attacco frontale. #BastaBizze­Bimbom…». Ed è nulla se si considera che il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, ha passato la giornata a ripubblica­re messaggi del suo Mattinale tipo «Diciamo no ai ricatti di Renzi» e «Scopriamo il bluff di Renzi». Senza dimenticar­e che, sulla tenuta di For- za Italia, pesano come un macigno i 32 parlamenta­ri (di cui ben 17 senatori) ufficialme­nte iscritti all’area che fa riferiment­o a Raffaele Fitto.

Di fronte a uno scenario dominato dai più oscuri presagi, però, Berlusconi insiste nella richiesta di tempi supplement­ari. «Credo ancora nel patto del Nazareno», ha risposto l’altra sera a cena. Fosse per lui, la partita sul nuovo Italicum sarebbe forse già chiusa. Ma c’è da fare i conti con un partito che pare in rivolta. E, soprattutt­o, con l’incubo che subentri una corsia privilegia­ta tra Pd e i Cinquestel­le.

Eppure quando gli comunicano dell’ultimatum della Boschi, il Cavaliere – di fronte ai

L’indicazion­e di voto

Polverini (FI) mostra l’indicazion­e di voto per la Consulta: cancellato il nome di Zaccaria per il Csm suoi – si abbandona a un sorriso. «Non ho paura dell’accordo tra Renzi e i grillini». D’altronde, è il ragionamen­to berlusconi­ano, «il presidente del Consiglio ricorderà benissimo la fine che ha fatto Bersani quando provò a fare un accordo con loro e non con me… » . E quando Verdini avrebbe fatto notare al gotha forzista che «il premier potrebbe cercare la maggioranz­a sull’Italicum coi transfughi del M5S al Senato», l’ex Cavaliere ha fatto spallucce. Come a dire, «è un bluff».

È possibile che i due, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, si sentano al telefono domenica per verificare se ci sono passi in avanti. «Noi collaboria­mo con il presidente del Consiglio alle riforme più urgenti, quelle che ci chiede anche l’Europa. Ma sulla ricetta economica del governo siamo all’opposizion­e», ha spiegato il Cavaliere a Manfred Weber, capogruppo del Partito popolare europeo a Bruxelles, che oltre ad aver pranzato con lui per tre ore di fila, ha approfitta­to del suo soggiorno romano per vedere anche il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin.

Il tutto mentre nei confini azzurri si moltiplica­no i messaggi in codice rivolti a Palazzo Chigi. «Sul patto con Renzi non tutto è perduto», s’è lasciata scappare ieri Maria Rosaria Rossi alla Camera. Mentre Giovanni Toti, un altro della cerchia ristretta, sostiene che «per nove volte abbiamo accolto proposte di modifica del partito democratic­o senza avanzarne, sulla decima devono ascoltare anche noi».

Dietro le quinte non c’è solo l’accordo da sottoscriv­ere con

L’incarico a Romani Verso un cambio della guardia tra negoziator­i: Romani si prepara a sostituire Verdini

l’inquilino di Palazzo Chigi. Ma anche un cambio della guardia nella squadra dei «negoziator­i». Paolo Romani, infatti, si prepara a sostituire Denis Verdini nel ruolo di ambasciato­re. Una scelta che sarebbe stata concordata anche col senatore toscano, che con il capogruppo al Senato ha da sempre buonissimi rapporti.

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