Miguel l’indignato
Bosé nel disco canta l’antipolitica del partito Podemos «La Spagna va cambiata». E riceve critiche bipartisan
Di solito uso l’ironia ma questa volta non bastava per sfogarmi Bisogna cambiare, chi dovrà governare si ritroverà un’eredità tremenda Bisogna crederci, appoggiare il passaggio, ci vogliono idee e facce nuove
Picasso e Hemingway, che cosa può capire del dramma d’essere sfrattato di casa? Gli hanno dedicato colonne taglienti Abc, El Mundo, La Razon. Ma anche a sinistra, sui siti e sui blog, soprattutto nei commenti degli articoli, la maggioranza ha accolto la conversione di Bosé con disagio snob. C’è chi persino l’ha considerato una manovra occulta per screditare Podemos.
A quasi 60 anni Miguel Bosé è uno showman dal seguito transcontinentale. Nato nel privilegio del network familiare del papà torero e della mamma attrice, si è costruito una carriera da 25 milioni di dischi (in crescita) sopravvissuta ad ere musicali e politiche diversissime. Il primo successo («Linda» dei Pooh) ne fece un melodico romantico accettabile anche dal tardo franchismo.
Con la movida e l’ubriacatura libertaria dei primi anni di democrazia spagnola, il ragazzino cominciò ad ancheggiare ammiccante. Quando però le adolescenti hanno cominciato a non cercarlo più ha aumentato la carica trasgressiva, arrivando ad arrampicarsi sui tacchi a spillo di musa transex. Lo fece per Almodovar, cantò «Un anno d’amore» di Mina e tornò primo nelle classifiche di vendita. Il tutto, prima di approdare a « X Factor » o ad «Amici » , vestendo i panni del presentatore di Sanremo (1988) e del primo canale tv della Spagna del conservatore Aznar (1999).
Pochi possono sfoggiare in carriera una copertina disegnata da Andy Warhol o un mercato che va da Città del Messico a Caltanissetta. Piaccia o non piaccia, Miguel Luchino Bosé è un professionista con un fiuto straordinario per il cambiamento dei gusti. Da prototipo macho di super superman, Miguel è diventato icona trisessuale con quattro figli fatti con uteri in affitto.
«Si, se puede», titolo della canzone che fa discutere la Spagna, è anche la versione castigliana del motto del primo Barack Obama Yes, we can, diventato poi lo slogan di Podemos. Un globe trotter come Bosé poteva lasciarsi sfuggire un’occasione del genere? Nonostante l’ultima débâcle, il mercato dei latinos in Usa resta democratico. In Spagna, invece, il partito Podemos è in grande crescita. Bosé si è schierato al suo fianco due giorni prima che un sondaggio lo indicasse come prima forza per intenzione di voto alle prossime elezioni. Quando si dice fiuto.