Nostalgia di Antonicelli, il «commesso di libreria» della tv
In questi giorni, a Torino e a Sordevolo, due giornate di convegno rendono omaggio a un grande intellettuale e politico scomparso quarant’anni fa, Franco Antonicelli. Forse pochi sanno che a condurre la prima trasmissione dedicata ai libri, Il commesso di libreria, la Rai chiamò proprio Antonicelli. Di quella trasmissione, in parte sperimentale, non c’è più traccia, ma dagli scritti qualcosa si ricostruisce.
Amico di Croce, membro del Comitato di liberazione nazionale piemontese, Antonicelli ne ricopre la carica di presidente nei giorni dell’insurrezione di Torino. Nel dopoguerra, dopo un breve periodo alla direzione del Partito repubblicano italiano, aderisce nel 1953 all’Alleanza democratica nazionale partecipando attivamente alla battaglia contro la «legge truffa».
Precettore privato di Gianni Agnelli, infaticabile organizzatore di cultura, fonda e dirige l’Unione culturale di Torino. La Rai allora era a Torino, e Torino era la città di Augusto Monti, Leone Ginzburg, Cesare Pavese, Norberto Bobbio, Massimo Mila, Ludovico Geymonat.
«Chi è — si chiede Antonicelli — un buon commesso di libreria? È uno che sa di non essere lì a vendere una merce come un’altra, ma qualcosa di particolare qualità, da averci mani delicate, mente svelta, buona memoria, senso di opportunità, conoscenza del mercato e familiarità con il pubblico, così difficile e svagato e, perché no?, gusto e voglia di leggere, che non guastan davvero. È un informatore che sa di suo e dell’altrui, sfoglia i giornali di annunzi editoriali, un poco anche le riviste letterarie, ritaglia persino qualche elzeviro».
Sulla base di questo stralcio, ci sarebbe da chiedersi perché la nostra tv non è mai riuscita a produrre un buon programma sui libri. Incompatibilità di linguaggi? Idiosincrasie? Trombonismo? Chissà, ma ci sarebbe anche da chiederci come mai oggi il libro è diventato una merce come un’altra e come tale in tv viene promossa.