Il suo nuovo album, «Amo», trasformato in un manifesto elettorale
«Sparano al cieco giusto in mezzo agli occhi/ e rubano la sedia al malato e allo zoppo/ Mentono tutti i giorni/ non rispettano neppure una promessa». Chi sono i responsabili di tante iperboliche malefatte? I politici, ovviamente. E a dirlo non è lo Spirito dei Tempi, ma Miguel Bosé, in parole e musica. La canzone spicca nel suo nuovo album («Amo») appena presentato in Spagna e si intitola «Si se puede » , slogan di Podemos, il partito erede del movimento degli Indignati. La presentazione del disco si è trasformata in un comizio con l’ex sex symbol Anni 80 riconvertito in maître à penser alla maniera di Adriano Celentano.
«Non mi piace la Spagna nella quale stiamo vivendo, è roba da fantascienza. Non me la sarei mai immaginata così ridotta, una tragedia». I giornalisti si preparavano a sentire elogi per gli arrangiatori o l’elenco delle tappe dei concerti, invece, hanno preso nota della «rabbia» di Bosé per «un Paese che ha perso la sua allegria». «Di solito uso l’ironia o il sarcasmo, ma questa volta non bastava per sfogarmi. Avrei potuto nascondere il brano nel mucchio degli altri, invece... Sono troppo furioso». «I partiti tradizionali devono cedere il passo. Bisogna cambiare. Cambiare radicalmente. Chi dovrà governare si ritroverà un’eredità tremenda, però bisogna crederci, appoggiare il passaggio. Ci vogliono idee e facce nuove».
Da destra, i commenti sono stati spietati. Il tono era sostanzialmente: che cosa vuole questo figlio di papà (e mamma)? Uno che ha avuto come padrino di battesimo Luchino Visconti, amici di famiglia come