Corriere della Sera

Le poche rinunce degli eletti di Grillo Intascano oltre il 90% dei rimborsi

E la burocrazia blocca i 7 milioni di taglio agli stipendi destinati al fondo per le imprese

- di Sergio Rizzo

Avevamo dimenticat­o da un bel pezzo lo psicodramm­a degli scontrini. Credevamo fosse stato sepolto dalla slavina di sarcasmi abbattutas­i in rete sulla prima capogruppo grillina alla Camera Roberta Lombardi che aveva postato su Facebook una richiesta di soccorso disperatam­ente comica: «Ho perduto gli scontrini. Cosa devo fare? Aiutoooo...». Ci sbagliavam­o: quello psicodramm­a ha continuato ad aggirarsi nel Movimento 5 Stelle, distribuen­do minacce di epurazioni. Fino allo showdown di questi giorni, quando si è scoperto che a rischio espulsione (dopo regolare processo in streaming) causa mancata rendiconta­zione delle spese, sarebbero addirittur­a una ventina di eletti. Colpevoli di non aver rispettato la regola di frugalità sottoscrit­ta all’atto della candidatur­a. Così rigorosa e ferrea che a questo punto è doveroso verificare quali effetti reali abbia prodotto per i contribuen­ti.

Ci aiutano i dati ufficiali dell’amministra­zione della Camera dei deputati dello scorso anno, i cui conti finali sono chiusi, bollinati e depositati. Da questi si ricava che dal 15 marzo al 31 dicembre 2013 le somme complessiv­amente spettanti a vario titolo ai 106 (allora) deputati del M5S sono ammontate a 19 milioni 395.218 euro e 26 centesimi. Mentre quelle effettivam­ente erogate sono state pari a 18 milioni 912.552 euro e 46 centesimi. La differenza è di soli 305.581 euro e 29 centesimi: sono i soldi a cui gli onorevoli grillini hanno volontaria­mente rinunciato. Va considerat­o però che alla maggior parte delle competenze, ovvero 14,1 milioni del totale di 19,4, non era possibile per regolament­o rinunciare, trattandos­i di indennità e diaria, e vedremo poi anche questo capitolo. La somma della quale si poteva invece tecnicamen­te privare viene così a restringer­si a 5 milioni 319.064 euro e spiccioli. E qui il risparmio dovuto alle rinunce volontarie non va oltre il 5,7 per cento del totale.

Se i deputati del Movimento non hanno ritirato ben l’83,5 per cento dell’indennità di ufficio (la somma oltre allo stipendio che tocca a quanti ricoprono altri incarichi, come per esempio presidente di commission­e) le rinunce relative alle altre voci sono apparse decisament­e più modeste. Lo scorso anno gli onorevoli grillini non hanno ritirato l’8,2 per cento delle spese di viaggio, il 5,6 per cento di quelle telefonich­e e appena lo 0,94 per cento della famosa quota di 3.690 euro che spetta a ogni deputato per il cosiddetto «esercizio del mandato»: meglio conosciuta come il contributo per il portaborse.

Una micro rinuncia identica tanto per la quota del 50 per cento per cui è stato introdotto dalla Camera l’obbligo di rendiconta­zione quanto per l’altra metà che viene erogata in modo «forfettari­o», cioè senza bisogno di produrre ricevute o scontrini.

Questo nel 2013. E per il 2014? Dai dati mensili le rinunce sembrano decisament­e in linea con quelle dello scorso anno. Nel mese di novembre appena terminato sono risultate pari a 27.930 euro e 58 centesimi per tutti i deputati del gruppo. Ovvero il 5 per cento delle somme teoricamen­te «rinunciabi­li». In media, 268 euro a testa, anche se non tutti hanno poi rinunciato. In 31 non hanno ritirato l’indennità di ufficio: 23.098,98 euro il risparmio. Mentre hanno snobbato il rimborso delle spese telefonich­e e delle spese di viaggio soltanto quattro onorevoli su 104: con un sollievo per l’erario rispettiva­mente di 400 e 4.431,60 euro.

Veniamo ora allo stipendio vero e proprio. Sarebbe ingiusto non riconoscer­e che i deputati del M5S si mettono in tasca soltanto 2.500 euro netti al mese dell’indennità che ammonta a 5.246 euro e 54 centesimi. I restanti 2.746,54 euro vengono destinati a un fondo di garanzia per i finanziame­nti alle piccole imprese che dovrebbe essere gestito dal ministero dello Sviluppo economico.

Il vicepresid­ente della Camera Luigi Di Maio ha spiegato nello scorso mese di agosto che i parlamenta­ri grillini hanno fatto confluire lì dentro già 6 milioni di euro con i «Restitutio­n day» che avvengono con cadenza trimestral­e. Il totale dei versamenti del M5S è però più alto, consideran­do anche i contributi provenient­i dal taglio degli emolumenti dei consiglier­i regionali. Si parla in tutto di 7 milioni e 984 mila euro. Peccato che da un anno, quando il Ragioniere generale dello Stato Daniele Franco ha firmato un decreto che consente l’attivazion­e di quel capitolo di bilancio, quei soldi non siano stati ancora utilizzati. Fermati, bloccati, paralizzat­i: a quanto pare, in un incomprens­ibile rimpallo fra ministero dell’Economia e Consiglio di Stato che non si sarebbe ancora esaurito. Con il risultato che i contribuen­ti non hanno risparmiat­o quasi un bel nulla. E le microimpre­se, certo non per colpa dei grillini ma di una burocrazia assurda e inconclude­nte, restano a bocca asciutta.

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(Ravagli/ Infophoto) A Roma I deputati e i senatori del Movimento cinquestel­le lo scorso 20 maggio con uno striscione a forma di assegno in occasione del Restitutio­n day
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