L’autore
Una ricerca Doxa stima in oltre 35 milioni le persone che vivono attualmente con l’Hiv: di queste, ben 19 milioni non hanno idea del proprio stato di sieropositività. Solo nel 2013, un milione e mezzo di persone sono morte per malattie legate all’Hiv, il 74% delle quali (secondo i dati di Unaids, il programma delle Nazioni Unite per l’Aids) vivevano nell’Africa subsahariana, e fino ad ora il virus ha mietuto ben 39 milioni di vite in tutto il mondo.
Messe nero su bianco, queste statistiche spiegano perché l’Aids, secondo l’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità), è la sesta causa di morte nel mondo.
Se si chiedesse a una persona qualunque la propria stima probabilmente non avrebbe idea di cosa rispondere a proposito dell’Aids. Andrebbe diversamente se gli si chiedesse dell’impatto delle malattie cardiovascolari.
Nessun’altra malattia mette in gioco un numero così alto di questioni sociopolitiche: intolleranza tradizionale e religiosa, disuguaglianza economica e sociale, razzismo, omofobia, scarsa istruzione, pudore; tutto ciò impedisce l’eradicazione di una patologia evitabile e l’accesso alle cure.
Nessun’altra malattia in tempi moderni ha portato a una tale discriminazione nei confronti delle persone infette e di quelle più a rischio.
Siamo diventati insensibili al numero di morti perché la maggior parte di loro è povera, nera o è lontana?
Come sottolineato da una indagine di Unaids, il «Gap Report», porre fine alla epidemia è possibile, tuttavia è necessario guardare nei nostri Paesi, nelle nostre famiglie e affrontare ciò che temiamo di più.
Per prepararmi a scrivere questo articolo ho cercato di trovare alcuni giovani italiani disposti a raccontarmi la loro vita nella sieropositività. Ho iniziato chiedendo aiuto a Julian Fleet, già direttore di Unaids e avvocato per i diritti umani, poi alla Lila (Lega italiana per la lotta contro l’Aids) e infine al Cesvi, un’organizzazione umanitaria italiana. Tutti assieme non siamo stati in grado di trovare una sola persona sotto i 45 anni disposta a parlare pubblicamente.
In Italia ci sono circa 140 mila persone che vivono con l’Hiv. Secondo la sopracitata ricerca condotta da Doxa per Cesvi, ci sono segni di una crescente noncuranza tra i giovani italiani, tra i 16 e i 35 anni, quando si tratta di proteggersi. Un sorprendente 48% di loro non pratica sesso protetto perché è impegnato in un rapporto stabile con un solo partner. Questa giustificazione è discutibile, considerando che solo il 29% dichiara di essersi mai sottoposto al test per l’Hiv.
Secondo Chiara Magni del Cesvi, i giovani italiani rispetto a quelli dello Zimbabwe o del Sudafrica, sono molto meno consapevoli delle conseguenze
Michael Holbrook Penniman Jr. (conosciuto con il nome d’arte Mika) è un cantautore libanese naturalizzato britannico È nato a Beirut 31 anni fa da madre libanese (maronita) e padre statunitense
Mika è diventato famoso con il singolo «Grace Kelly» e l’album «Life in Cartoon Motion», con cui nel 2007 ha vinto quattro World Music Awards Su Corriere.it Leggi la versione integrale dell’articolo scritto da Mika per il Corriere della Sera su