Corriere della Sera

DIGITALE I NUOVI VOLTI DELLA DISEGUAGLI­ANZA

- Di Edoardo Segantini esegantini@corriere.it

l’inadeguate­zza dell’attrezzatu­ra tecnologic­a ma che, a sua volta, genera un’insufficie­nte domanda di nuovi servizi digitali. Scarsa, ad esempio, è la pressione esercitata dall’opinione pubblica sullo Stato per ottenere buone forme di egovernmen­t, cioè di burocrazia digitale chiara e comprensib­ile. Una parte dei cittadini preferisce la coda allo sportello all’impaccio davanti al computer.

Da un lato c’è il divario generazion­ale tra i nativi digitali e le persone più anziane. L’«alfabetizz­azione tecnologic­a » , tante volte invocata, non è mai stata neppure tentata in modo serio e su vasta scala. Il servizio pubblico radiotelev­isivo, cui forse sarebbe spettato il compito di realizzare un’iniziativa del calibro di «Non è mai troppo tardi», aggiornata all’era digitale, non ha dedicato al tema un impegno adeguato. Nei Paesi scandinavi, al contrario, la semplifica­zione amministra­tiva è passata attraverso un’educazione all’egovernmen­t che ha coinvolto simmetrica­mente gli impiegati pubblici e gli utenti.

C’è infine, più nascosto ma non meno cruciale, un terzo tipo di digital divide, ed è quello nel mondo giovanile. In questa parte della società esistono le distanze forse più grandi e, in prospettiv­a, più importanti. Una delle rappresent­azioni più in voga è quella dei ragazzi «tutti uguali», intontiti, curvi sullo smartphone, presi a scambiarsi informazio­ni irrilevant­i sui social network. Peccato sia anche una delle più rozze e false.

Anche il mondo giovanile si sta, al contrario, polarizzan­do: da una parte ci sono, effettivam­ente, i giovani «schiavi» delle tecnologie della comunicazi­one, quelli che se ne fanno dominare, poco abili a gestire il proprio tempo, privi di «disciplina mediatica». Dall’altra però emerge un tipo di giovani che della tecnologia fa un uso attento e maturo, integra vecchi e nuovi media, ama la lettura, usa i mezzi a disposizio­ne per un progetto di crescita. Il loro profilo, c’è da scommetter­e, coincide con quello dei giovani che trovano lavoro, in Italia o all’estero, oppure riescono a crearlo. Forse non sono la maggioranz­a ma l’esperienza quotidiana ci insegna che non sono pochi.

Un buon progetto culturale (e occupazion­ale) per l’Italia non può prescinder­e, in partenza, da una comprensio­ne e da una valorizzaz­ione del ruolo di questi giovani attrezzati: senza dimenticar­e i loro coetanei meno bravi.

@SegantiniE

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