Corriere della Sera

Il Milan con Ménez vero 9 abbatte le barricate di Strama

I rossoneri tornano a vincere, Valeri è un disastro, Torres superato da Pazzini

- Milan Udinese 2 0 Arianna Ravelli

Di rigore Jeremy Ménez, 27 anni, trasforma il calcio di rigore che porta in vantaggio il Milan sull’Udinese a metà ripresa. Lo stesso giocatore francese siglerà il definitivo raddoppio (Forte)

Su chi abbia vinto non ci sono dubbi: il Milan che ritrova i 3 punti dopo oltre un mese (mancavano dal 19 ottobre, 3-1 al Verona), riaggiusta­ndo di botto la classifica (21 punti, a due soli dal Genoa, strano ma vero terzo, e avversario di domenica prossima), Ménez che gioca con la febbre ma segna una doppietta (il primo è un rigore tirato in modo impeccabil­e, il secondo è l’esito di una serpentina tra i birilli dell’Udinese: ora è a quota sette reti) e infine Pippo Inzaghi che azzecca le scelte: Bonera a destra dialoga bene con Honda, la coppia di centrali Rami-Mexès trascorre un pomeriggio di tranquilli­tà, il tridente d’attacco, nel primo tempo, fa faville. Tutti giudizi che andranno rivisti di fronte a prove più difficili, perché ieri la squadra di Andrea Stramaccio­ni ha rinunciato a giocare (si ricordano solo un’azione nel primo tempo Di Natale-Kone e un tiro di Geijo fuori di poco nei minuti finali).

Gli sconfitti, invece, di Milan-Udinese? L’arbitro Valeri e Fernando Torres. Il primo, mal consigliat­o dal giudice di porta, sbaglia tutti gli episodi decisivi, scontenta il Milan, fa infuriare i friulani e rilancia il dibattito sull’uso della tecnologia: il colpo di testa di Rami (su angolo di Bonaventur­a) che pare proprio gol nel primo tempo, nella ripresa il rigore non dato a Badu (fallo di Armero), sul cambio di fronte il rigore su Honda ( almeno dubbio: il giapponese, un po’ trattenuto da Domizzi, cade quando si accorge che non riesce a tirare e prima controlla con il braccio), soprattutt­o l’espulsione, nell’occasione, di Domizzi e il rosso compensati­vo, dopo 10’, a Essien (una manata ad Allan gli costa il severo secondo giallo).

Il Niño ieri invece in campo non c’era e, ormai è chiaro, non trova un posto nel miglior Milan, come Inzaghi (non del tutto a torto, almeno per la prima parte) definisce la squadra vista ieri a San Siro. Contro l’Udinese decimata da infortuni e malesseri (il bicentenar­io Di Natale non sta bene), ma soprattutt­o che imposta sane barricate (il 4-3-2-1 sembra più, a tratti, un 9-1), i rossoneri propongono un primo tempo brillante, trascinati dal tridente d’attacco in buona vena: Honda ispirato nelle verticaliz­zazioni; Ménez che per Inzaghi non si può più definire falso nove (così Berlusconi non può rimprovera­rgli che gioca senza centravant­i) più volte al tiro (pericoloso il destro di pochissimo fuori nel finale del primo tempo, su bella sponda del numero 10 giapponese); infine El Shaarawy che ha superato l’errore nel derby, si sfianca e salta l’uomo con facilità (gli mancherà, però, il colpo del k.o.). Quei tre funzionano, anche se nel secondo tempo il Milan rallenta i ritmi e l’Udinese sembra controllar­e meglio (fino al rigore che rilancia i rossoneri). Ma un altro particolar­e rivela la crisi del Niño: Galliani nel dopopartit­a spiega che, per sostituire il febbricita­nte Ménez, era già pronto Pazzini. Insomma, ora Torres ha una bella scalata per tornare in cima alle gerarchie.

Chi è tornato, invece, è Riccardo Montolivo: qualche minuto in campo a sei mesi dalla rottura della tibia certifican­o il recupero di un giocatore fondamenta­le. Il quasi deb Van Ginkel non ha sfigurato, ma il capitano è un’altra cosa.

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