Corriere della Sera

Il motore (più) inceppato I mercati tifano per la Bce

L’attesa per le mosse di Draghi che potrebbero aiutare la ripresa

- di Danilo Taino

In altri momenti si sarebbe detto che si vuole cercare il pelo nell’uovo. In effetti, i dati pubblicati ieri dall’Istat sul Prodotto interno lordo (Pil) italiano indicano differenze piccole: sono però qualcosa di più di un peggiorame­nto minimo, dicono che l’economia svolta ma verso Sud. Nel terzo trimestre di quest’anno, si è contratta dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2013: la stima preliminar­e prevedeva lo 0,4%.

Una differenza di solo un decimo di punto percentual­e ma indicativa di una tendenza: l’economia italiana si contrae, senza soluzione di continuità, dall’ultimo trimestre del 2011; si sperava che un lento recupero fosse in atto ma i numeri dell’Istat dicono che tra luglio e settembre scorsi si è tornati a peggiorare. La svolta in positivo osservata dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è insomma poco visibile. Il 2015, anzi, inizierà con un fardello pesante e sarà ancora difficile in termini di crescita, di occupazion­e, di conti pubblici.

Dopo tre anni di recessione ininterrot­ta e di fronte a prospettiv­e meno che brillanti, c’è ormai un elemento chiaro: non esiste un abracadabr­a capace di risolvere la crisi italiana e quella europea in una notte. Sarà un lavoro lungo: ci vorranno dieci anni per uscire da questa situazione – fu l’onesta previsione (ma forse ottimista) di Angela Merkel nel 2010.

Il quadro dell’economia globale non è necessaria­mente drammatico, pur nella confusione del momento. In particolar­e, il calo del prezzo del petrolio avvantagge­rà i Paesi importator­i come l’Italia. È vero che la caduta del prezzo del greggio — attorno al 40% in sei mesi — è in parte offuscata dall’indebolime­nto dell’euro sul dollaro (valuta nella quale si paga il petrolio). Gli esperti, però, prevedono che si potrebbe comunque trattare di una riduzione della bolletta energetica italiana tra i sei e gli otto miliardi di dollari, su base annua. Ma anche in questo caso occorre non cadere nell’errore di ritenere questo «dividendo» scontato o sufficient­e per fare riprendere l’economia.

Innanzitut­to, la caduta repentina del prezzo del greggio ha effetti collateral­i difficili da prevedere. Ad esempio sul rublo (l’economia della Russia è totalmente dipendente dall’export energetico) che ieri è di nuovo crollato rovinosame­nte: nel 1998 una situazione del genere innescò una crisi seria sui mercati finanziari. In secondo luogo, le incertezze della politica europea rimangono considerev­oli. Il Piano Juncker di investimen­ti lanciato la settimana scorsa difficilme­nte darà risultati consistent­i in termini di crescita aggiuntiva. E anche gli stimoli che ci si attende dalla Banca centrale europea di Mario Draghi non sono garantiti. Gli acquisti di titoli privati che la Bce ha da poco iniziato a effettuare per ora sono stati modesti. Risultati più consistent­i potrebbero arrivare da un programma di acquisto di titoli di Stato europei: ma qui le opposizion­i politiche in Germania e di dottrina della Bundesbank non sono evaporate.

Nessuna magia prevedibil­e, dunque. Solo una lunga strada di riforme economiche che rendano efficienti gli stimoli monetari e di bilancio. In fondo è questo il pelo nell’uovo raccontato ieri dall’Istat.

@danilotain­o

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