La cautela di Berlusconi per avere garanzie sul Colle
L’idea di non rompere il Patto e incidere nella partita del Quirinale
Nessuna reazione sopra le righe, perché il patto del Nazareno — come predica pubblicamente Berlusconi — è «ancora valido». E perché la linea della cautela, dopo la battaglia verbale del weekend che è servita a ridare un po’ di fiato a un centrodestra troppo afono, è quella che serve nel momento in cui la grande corsa verso il Quirinale è ancora ferma ai blocchi di partenza. Nessuna voglia di rottura, insomma, da parte di Berlusconi: «Dopo essere stati appiccicati a Renzi per mesi, con quello che ci è costato, che senso avrebbe far saltare tutto proprio quando si può incassare qualcosa sul capo dello Stato?», fanno capire l’aria i suoi fedelissimi.
Così, in Forza Italia, le parole di Matteo Renzi e l’avvertimento di Napolitano che non si dimetterà prima della fine del semestre italiano, suscitano un’alzata di spalle. «Il premier vuole l’approvazione delle riforme e della legge elettorale in tempi brevissimi? Ma i tempi non sono predeterminati da noi, sono gli eventi a dettarli...», spiega con calma olimpica Paolo Romani.
Il presidente dei senatori azzurri nega che nel suo partito si stia preparando una battaglia ostruzionistica perché la legge elettorale slitti a dopo l’elezione del capo dello Stato. Ma ragiona su tempi «complicati»: «Fino al 10 dicembre si possono presentare gli emendamenti, poi bisognerà discuterli prima di votarli, tenendo conto che ci sono punti sui quali non siamo d’accordo. E non solo noi, ma nella maggioranza in tanti sembrano aver molto di che approfondire... E comunque, dopo il Senato l’Italicum dovrà tornare alla Camera, quindi quando si approverà l’Italicum è ancora da vedere».
In ogni caso, tranquillizza Giovanni Toti «non è un problema: se ci saranno i tempi per votare le riforme prima delle dimissioni di Napolitano, lo faremo, altrimenti le vareremo dopo. Noi non facciamo melina, non vogliamo venire meno ai patti, anche se manteniamo il nostro no sui punti che abbiamo indicato», premio di lista e soglie. D’altronde, è troppo importante per Berlusconi ottenere un presidente «di garanzia» che — raccontano i suoi — lo tuteli soprattutto sul piano della sua agibilità politica. Proprio per questo, Renato Brunetta cerca di ampliare il discorso, giustificando non tanto la necessità di prendere tempo per avere delle assicurazioni di fatto, quanto il bisogno di patti chiari e precisi: «La riforma deve avere una sua coerenza interna, non si può votare la legge elettorale prima che il Senato sia riformato, per questo Berlusconi dice che non serve la fretta. E, da un punto di vista politico, è doveroso pretendere un capo dello Stato condiviso, e tanto più lo è se si vogliono riforme condivise. Ci sembra così evidente...».
Insomma, a Berlusconi servono garanzie prima di dare il suo via libera alle riforme, ma oggi non sono prevedibili strappi. La situazione è troppo delicata per chiudersi le strade possibili, e il rischio di un’accelerazione elettorale di Renzi è considerato concreto in FI, da Berlusconi che riscopre toni da campagna elettorale come da Raffaele Fitto, che frena sui tempi di approvazione dell’Italicum e definisce «sospetta» la fretta sulla legge elettorale, visto che gli italiani «non mangiano pane e Italicum».