Corriere della Sera

Cariche e arresti A Hong Kong è la resa dei conti

Notte di scontri, decine di feriti tra i giovani

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Guido Santevecch­i

Sono immagini di violenza quelle che arrivano da Hong Kong. La polizia ora tira raffiche di manganella­te, usa gli spray urticanti come pistole, sparando i getti direttamen­te contro il volto dei manifestan­ti. E alcuni di questi, con la faccia coperta da mascherine chirurgich­e, occhialoni, elmetti da cantiere in testa, rispondono lanciando bottiglie. Nel quartiere centrale di Admiralty ci sono stati almeno 40 feriti l’altra notte, 11 tra gli agenti, e decine di arresti. La protesta democratic­a, cominciata il 28 settembre per ottenere elezioni libere e non pilotate dal Partito comunista di Pechino, rischia di finire nella repression­e violenta.

Il governator­e filocomuni­sta CY Leung in television­e dice che la polizia finora ha mostrato «la massima tolleranza e autocontro­llo» nella reazione, ma che questo «non deve essere scambiato per debolezza, gli agenti agiranno in modo risolutivo».

Il Tribunale di Hong Kong ha emesso un ordine di sgombero per Admiralty, dove da 66 giorni gli studenti si sono accampati con le loro tende colorate e i blocchi stradali. Una gran parte dei sette milioni di cittadini è per la democrazia e il mantenimen­to della semi autonomia da Pechino, ma la maggioranz­a è anche estenuata da quella che sembra sempre più una situazione senza sbocchi, dannosa per gli affari e la vita quotidiana.

Anche i leader del movimento studentesc­o si sono resi conto che la loro tattica non sta pagando. Domenica notte avevano lanciato un appello a convergere intorno ai palazzi governativ­i di Admiralty. «Il piano è fallito, la polizia ci ha sgomberato subito», ha detto Alex Chow, capo della «Federation of Students». Il suo compagno Joshua Wong ha annunciato uno sciopero della fame. Questi giovani tra i 18 e i 24 anni, che si sono trovati a guidare un movimento che nei giorni più belli ha portato in strada fino a centomila persone, sono nel guado.

I professori che avevano lanciato Occupy Central si sono defilati e come ultimo gesto vogliono consegnars­i alla polizia. C’è una frangia di attivisti che ora cerca lo scontro a costo di provocare una repression­e dall’esito tragico. «Questi giovani capi non hanno il coraggio di fermarsi, temono i fischi della loro piazza», ha detto già qualche settimana fa il cardinale cattolico Joseph Zen al Corriere, supplicand­o la massa degli attivisti a ritirarsi e riorganizz­arsi «seguendo la tattica di Napoleone».

A Hong Kong non ci sono vincitori. «La linea del governo locale sta danneggian­do il futuro di Hong Kong, alle richieste del movimento democratic­o bisognereb­be rispondere con un dialogo politico, ma le autorità della città non lo fanno», spiega Steve Vickers, capo dell’intelligen­ce nella polizia coloniale britannica fino al 1997 e ora alla guida di un’agenzia di consulenza che ha le finestre proprio su Admiralty, la roccaforte di Occupy Central. «Ma anche i manifestan­ti hanno responsabi­lità, si sarebbero dovuti ritirare per elaborare nuovi mezzi di pressione. Ormai le decisioni verranno prese da Pechino e questo snaturerà il sistema di Hong Kong».

@guidosant Peperoncin­o La polizia spruzza spray al peperoncin­o contro gli studenti che cercano di resistere allo sgombero forzato della zona centrale di Admiralty, a Hong Kong. L’altra notte, gli agenti in assetto antisommos­sa sono intervenut­i per porre fine a Occupy Central. Decine di arresti e moltissimi feriti (

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy