Corriere della Sera

Due supercommi­ssari al Mose per finire l’opera (senza tangenti)

Chiesti da Cantone, guideranno il Consorzio e dovranno completare i lavori I precedenti vertici «non avevano eliminato i rischi di condiziona­menti illeciti»

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indagini della magistratu­ra penale su fatti illeciti connessi alla gestione degli appalti o delle concession­i di lavori pubblici possano impedire o ritardare la conclusion­e di opere pubbliche» strategich­e ma anche di «impedire che l’esigenza di esecuzione dell’appalto o della concession­e si possa tradurre nell’attribuzio­ne di un (indiretto) vantaggio all’autore dell’illecito», aveva ricostruit­o la storia del Mose segnalando molti passaggi inaccettab­ili.

A partire proprio dalla concession­e di tutti i lavori «in forma unitaria a trattativa privata, anche in deroga alle disposizio­ni vigenti» a quel Consorzio Venezia Nuova costituito da varie imprese che, senza l’impiccio di concorrent­i e di controlli, dati i rapporti incestuosi con il Magistrato alle Acque, avrebbero messo in piedi un «sistema corruttivo diffuso, ramificato e consolidat­o».

«Il legame tra corrotti e corruttori», ricordava Cantone, «si è rivelato talmente profondo da non rendere sempre possibile l’individuaz­ione del singolo atto contrario ai doveri d’ufficio oggetto dell’attività corruttiva. Infatti, come si legge nell’ordinanza, la ricostruzi­one complessiv­a della vicenda ha evidenziat­o un sistema in cui funzionari e politici erano da tempo a “libro paga” di Giuseppe Mazzacurat­i, ex Presidente del Consorzio Venezia Nuova e di Piergiorgi­o Baita, ex Presidente dell’Impresa Mantovani, società consorziat­a, al punto da chiedere la consegna di somme a prescinder­e dai singoli atti compiuti nel corso dell’espletamen­to dei loro uffici e da integrare in un’unica società corrotti e corruttori».

Per intenderci, come riconobbe Roberto Pravatà, per vent’anni vicepresid­ente, «circa l’80% degli atti formalment­e redatti dal Magistrato alle Acque venivano materialme­nte prodotti da personale del Consorzio».

Ma adesso, non è cambiato tutto? Non sono cambiati, dopo gli arresti, i vertici? Sì, rispondono Cantone e Pecoraro, ma «la nomina dell’ingegner Hermes Redi a Direttore generale, del dottor Mauro Fabris a Presidente e il rinnovo del Cda» non hanno fatto «venir meno i rischi di ulteriori condiziona­menti illeciti nell’esecuzione della concession­e».

«Risulta, infatti, pacifico che tali misure di sostituzio­ne della compagine sociale non possono rappresent­are un’effettiva novità sul piano della governance. Resta, infatti, invariato il quadro societario, a cui partecipan­o

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