Corriere della Sera

La vicenda

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Il primo dicembre 2013 una fabbrica tessile gestita da cinesi va a fuoco nella zona industrial­e di Prato. Le vittime sono 7

Sul caso è stata aperta un’inchiesta: sono indagati in 7. La Regione Toscana ha assunto degli ispettori per intensific­are i controlli nei capannoni ( uno dei laboratori visitati)

Più che un impianto industrial­e sembra il deposito di un rigattiere. Centocinqu­anta metri quadri dove si trova di tutto. Citando a caso: due vecchi sedili di auto, quattro trolley, una tv accesa su un programma cinese di quiz, provviste di acqua minerale e di carta igienica, un vecchio dispenser Zanussi di bevande, pacchi di assorbenti, un letto matrimonia­le, una brandina da campo, decine di paia di scarpe e centinaia di rocche di filato.

Nella parte più ampia del capannone ci sono gli impianti, si fa per dire. Ovvero ventitré postazioni con macchina da cucire Yuku antidiluvi­ana e altrettant­e sedie, qualcuna tenuta assieme letteralme­nte con lo scotch. Gli operai non ci sono, hanno lavorato fino a notte fonda e ora sono via.

Siamo nella più grande Chinatown italiana, a un anno dal tragico rogo che costò la vita a 7 operai che vivevano accanto alle loro Yuku e quello che abbiamo descritto è uno dei capannoni che gli ispettori del lavoro dell’Asl visitano ogni giorno. Cinquanta a settimana, di cui almeno dieci vengono messi sotto sequestro perché ospitano un dormitorio o non hanno l’impianto elettrico a regola.

I giovani ispettori del lavoro assunti dalla Regione Toscana riescono a visitare solo i laboratori che aprono, per quelli

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