Corriere della Sera

Sul corpo di Pasolini diversi Dna

Conferma dai test, c’è una lista di sospetti. Veltroni: si rischiara un buio durato 40 anni

- Paolo Conti

Non è più una supposizio­ne ma una certezza scientific­a. Pier Paolo Pasolini, la notte del 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia, venne ucciso da più persone. Cade dopo quarant’anni la verità ufficiale: Giuseppe Pelosi non fu l’unico assassino. Sui vestiti dello scrittore e regista sono state trovate tracce di Dna diverse da quello di Pelosi. Forse altri tre, i codici genetici sarebbero stati abbinati ad alcuni nomi che la Procura di Roma ha inserito in una lista di sospettati, non ancora tecnicamen­te indagati.

L’analisi è stata voluta dal cugino di Pasolini, Guido Mazzon, che ha fatto riaprire il caso nel 2010 con la denuncia dell’avvocato Stefano Maccioni. E ieri Pelosi, ascoltato come testimone dal pubblico ministero Francesco Minisci nella nuova inchiesta, ha raccontato, stando alla ricostruzi­one del suo avvocato Alessandro Olivieri: «C’erano tre automobili, una motociclet­ta e almeno sei persone ma non so dire chi fossero. Oltre all’Alfa Gt di Pasolini c’era una Fiat 1300 e un’altra Alfa identica a quella di Pier Paolo». Versione che Pelosi aveva confermato nel dicembre 2011, durante un incontro pubblico con Walter Veltroni, l’ex sindaco di Roma che decise per la costituzio­ne in parte civile del Campidogli­o nel processo Pasolini.

Di quella giunta faceva parte Gianni Borgna, assessore alla Cultura, che con Veltroni condivise, con scritti e studi, una assoluta certezza: cioè che Pasolini fosse stato ucciso da più persone. Infine Pelosi ammette, per la prima volta, di aver frequentat­o «per mesi» Pasolini prima dell’omicidio.

Commenta Veltroni: «Scoprire che uno dei più grandi intellettu­ali di questo Paese sia stato ucciso da più persone e non da un solo ragazzo cambia una pagina di storia non solo giudiziari­a italiana. Sul Corriere della Sera scrissi, il 22 marzo 2010, una lettera aperta al ministro dell’interno Angelino Alfano per chiedere la riapertura del caso Pasolini convinto, come dimostrano ora i fatti, che le nuove conquiste scientific­he potessero dare un quadro di nuove certezze. Si rischiara così un buio fitto durato quarant’anni. E mi fa piacere qui ricordare la comune convinzion­e che Gianni ed io abbiamo sempre avuto insieme, e le comuni battaglie combattute».

Pelosi dice che quella notte c’erano almeno sei persone. Cosa ne pensa? «Che si archivia per sempre una verità ufficiale che forse ha fatto molto comodo ma che era insostenib­ile. Lo spiegò già Alfredo Carlo Moro, allora presidente del Tribunale dei minorenni di Roma, che nella sentenza di condanna di Pelosi a nove anni, sette mesi e dieci giorni, scrisse il 26 aprile 1976: “Il collegio ritiene che dagli atti emerga in modo imponente la prova che quella notte all’Idroscalo il Pelosi non era solo”». Quelle sei persone, secondo la ricostruzi­one, sarebbero allora arrivate a Ostia decise a uccidere Pasolini. Ma perché? E per quale ragione? Lei è convinto della tesi del complotto politico, del Pasolini troppo «scomodo» e quindi da eliminare? «Io non sono un complottis­ta. Ma tra questo e l’ accontenta­rsi di una verità ufficiale

Sul posto furono ritrovati un maglione e un plantare che non appartenev­ano né a Pasolini né a Pelosi. E impronte di scarpe che, anche in questo caso, non appartenev­ano né a Pelosi né a Pasolini

«All’Idroscalo quella sera erano almeno sei, in tre auto e una moto»

per una ricostruzi­one assurda, conoscendo Pier Paolo: cioè che lui volesse sodomizzar­e Pelosi con un bastone e che il ragazzo avrebbe reagito con violenza. Ma basta guardare le foto per capire».

Cambierà l’immagine di Pasolini nella percezione collettiva? «La grandezza di questo intellettu­ale libero e imprevedib­ile sta nell’aver resistito a tutta la storia giudiziari­a, col suo lavoro e le sue idee»

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 ??  ?? Ostia Giuseppe Pelosi durante un sopralluog­o all’Idroscalo (Ansa) Sopra, Pasolini a Roma nel 1963
Ostia Giuseppe Pelosi durante un sopralluog­o all’Idroscalo (Ansa) Sopra, Pasolini a Roma nel 1963

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