RETI D’IMPRESA SE L’ITALIA FA SCUOLA
dimensionale condizioni ancor di più la (mancata) crescita del valore aggiunto per impresa e per addetto. «La competitività di un Paese dipende certamente dalla combinazione di singoli fattori come costo orario del lavoro, costo dell’energia, fiscalità, aggiornamento tecnologico ma in maniera ancor più significativa dalla distribuzione delle imprese per classi dimensionali». In Italia il totale delle imprese è del 46% superiore a quello della Francia e del 67% a quello della Germania ma il valore aggiunto è solo il 44% di quello tedesco e il 71% di quello francese.
Che fare, dunque, per rimontare la corrente e tentare di ridurre il gap? Si può sperare in un largo e spontaneo processo di aggregazioni tra Pmi o conviene muoversi dall’alto per incentivarle? Palmieri si batte per questa seconda strada: pensa che il modello delle reti di impresa italiano sia molto meno costoso e difficile da usare rispetto ai tradizionali strumenti societari previsti per le aggregazioni. E i motivi sono facilmente comprensibili: si realizzano infatti per via contrattuale, sono più flessibili, sono compatibili con il mantenimento delle autonomie imprenditoriali dei singoli e si prestano più facilmente a far avanzare i Piccoli sulla strada delle internazionalizzazioni. E ovviamente Palmieri pensa e parla di reti dotate di soggettività giuridica.
E qui torniamo al Piano Aip che dopo il test rappresentato dal convegno milanese sarà presentato a Bruxelles in sede di Commissione europea anche per facilitare l’utilizzo dei fondi strutturali europei. L’incremento di Prodotto interno lord previsto è dello 0,8-0,9 per cento grazie a una crescita totale di 10 mila reti nell’arco di sei/sette anni (a un ritmo annuale di 1.500, dunque). In totale si pensa che potrebbero essere coinvolte 70/ 80 mila aziende su un totale di 3,6 milioni, quindi un obiettivo che Palmieri giudica più che realistico. La formazione delle reti andrebbe incentivata direttamente con una dote oppure con una esenzione fiscale per i primi quattro/cinque anni dalla costituzione. La novità consiste nell’introduzione di criteri selettivi di assegnazione degli incentivi riservati prioritariamente a reti con dimensione minima di 80 addetti, proprio per non disperdere risorse a pioggia. Non contano quindi il numero dei partner bensì gli addetti coinvolti perché, spiega Palmieri, «la curva dimensionale conta più del numero totale delle reti, della quantità dei partner e persino degli stessi fattori di costo come energia e lavoro». Sarà, dunque, interessante vedere che reazioni muoverà la proposta Aip a Bruxelles, in un ambiente politicoculturale abituato ai programmi top down.