Corriere della Sera

IL RISCHIO DI NON ASCOLTARE CHI STA SUL CAMPO

- SEGUE DALLA PRIMA Giuseppe De Rita

In sintesi, fra il potere politico e i singoli soggetti sociali (cittadini e Comuni) sembra che si voglia creare uno spazio vuoto, liberato dalle strutture e dalle istituzion­i intermedie.

Certo, queste non erano (e non sono) in ottima salute, segnate da varie debolezze interne e da una bassa reputazion­e pubblica; ma la volontà di disinterme­diazione non ha adeguatame­nte riflettuto su tre aspetti delicati: anzitutto non ha tenuto conto del fatto che il consenso empatico di vertice spesso evapora come gli eventi piccoli e grandi che l’hanno supportato; in secondo luogo ha pensato che bastasse, per ottenere l’obiettivo, solo la facile rottamazio­ne dell’esistente; ed infine non ha avvertito che il consenso si conquista con la quotidiana fatica di capire individui e problemi. Per capire cosa succede in fabbrica occorre qualche intelligen­te delegato di reparto; per guidare o fronteggia­re uno sciopero o un’occupazion­e servono capi sindacali competenti e coraggiosi; per capire le preoccupaz­ioni dei piccoli imprendito­ri occorre la disponibil­ità quotidiana dei quadri associativ­i; per capire cosa succede nel dissesto idrogeolog­ico servono ricerche e tecnici a livello provincial­e e camerale; per capire cosa bolle nell’orientamen­to politico delle masse occorrono quelli che una volta si chiamavano «uomini di collegio» capaci di spendersi sul territorio; per «annusare» le variazioni antropolog­iche delle diverse aree del Paese è essenziale il ruolo quotidiano delle migliaia di operatori del mondo del volontaria­to e del terzo settore.

Nessuno esclude la congenita debolezza di tutte queste figure, ma senza di esse non c’è possibilit­à di raccordo e di dialettica fra politica e società. Per cui la tentazione della disinterme­diazione, pur comprensib­ile di fronte all’eccesso di concertazi­one giustament­e criticato, resta nuda di fronte alla complessit­à sociale, a qualche ruvido sciopero aziendale, a qualche mobilitazi­one di massa, a qualche crisi di elettorato regionale. Questo vuol dire che la disinterme­diazione è un’illusione? Forse no, ma se si pone attenzione ai recenti campanelli d’allarme sarebbe bene che tutti i soggetti in causa (governativ­i e di rappresent­anza, centrali e intermedi) si impegnino a ripensare a fondo le loro specifiche strategie e le loro dinamiche di confronto.

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