Corriere della Sera

Salvatores inventa il supereroe italiano «Storia di un adolescent­e in crisi. Non ho figli, l’analista dice che rappresent­o me stesso»

- Valerio Cappelli

L’occasione era importante: Gérard Depardieu (foto) era stato infatti invitato a dare una lettura in memoria della Grande Guerra a Ixelles, vicino a Bruxelles. Peccato che si sia presentato sul palco completame­nte ubriaco e, di fronte all’elegante platea sbigottita, si è dovuto fermare dopo 30 minuti di frasi sconnesse con scivolate spesso anche volgari. L’attore sul palco ha anche canticchia­to ma, perlopiù, si è lasciato andare rattoppand­o frasi prive di senso, del tipo: «Non c’è nessun governo, a loro non importa... Io non farò un incontro politico qui... Ti amo qui e altrove... Io non ho una politica...» e via dicendo, Fino a quando è arrivata la resa ed è sceso dal palco.

Con «Il ragazzo invisibile» smonto l’idea che certi film siano un’esclusiva americana Ho vinto l’Oscar senza capire perché, posso rischiare

Un supereroe con i super problemi dell’età in cui ti vengono i brufoli, ti cambia la voce, ti senti solo, «sbagliato», e vorresti sottrarti allo sguardo degli altri. Nel suo nuovo film, Il ragazzo invisibile (dal 18 dicembre in oltre 400 copie) Gabriele Salvatores profana un tabù del cinema italiano: i personaggi fantasy dei fumetti, monopolio dei blockbuste­r americani.

Ma Nicola Giuliano e Francesca Cima ( produttori di La grande bellezza), con Rai Cinema, hanno accettato la scommessa adottando una chiave europea, virando sull’emozione dei personaggi, «sul sentimento di spaesament­o dell’adolescenz­a, quando si cerca il proprio posto nel mondo. Non è il mondo di Harry Potter. La sfida è che la storia è più forte del genere».

Insomma, più anima e meno effetti speciali (che però non mancano affatto), in questa storia di Michele, bersaglio dei bulli a scuola, dove non brilla; a lui basterebbe avere l’attenzione di una compagna di classe, che non si accorge di lui. Fino al giorno in cui fa una scoperta straordina­ria, comprando per 5 euro il costume di un supereroe cinese, una specie di pigiamino scolorito dal potere magico: quando ne hai bisogno, o devi affrontare il Male (c’è sempre un tratto maledetto e noir nell’invisibili­tà cinematogr­afica), ti fa scomparire.

Poi si racconta una vicenda parallela, adagiata sul lato oscuro dei super poteri, dove accanto a esseri «normali» faremo la conoscenza di quelli «speciali», che rovistano nella mente altrui. La conclusion­e è che certe volte, al tempo delle mele, per essere visibile devi diventare invisibile: «È quasi un eroe positivo».

Michele è impersonat­o da Ludovico Girardello, 14 anni tra pochi giorni, nato a Vittorio Veneto: è al suo debutto e vuole fare l’attore o il regista: «Ho fatto cinque provini, eravamo in 800. Credo mi abbia preso per l’aspetto fisico. Io guardo un po’ tutti i film, tranne gli horror. I miei? Mamma è casalinga, papà è un professore di latino che scrive per il teatro. Quando ha visto il film mi ha abbracciat­o così forte che mi stava soffocando».

È un film per ragazzi (e per

Grinta

Ludovico Girardello, 14 anni tra pochi giorni, interpreta Michele, il supereroe adolescent­e protagonis­ta del film di Salvatores nelle sale dal 18 dicembre. Michele è un ragazzo vessato dai bulli, che non brilla a scuola e che ambisce alle attenzioni di una sua compagna di classe. La vita per lui cambierà quando indosserà per la prima volta un costume da supereroe famiglie), costato 8 milioni. I coprotagon­isti sono Valeria Golino (la mamma poliziotta) e Fabrizio Bentivogli­o (psicologo dalla doppia faccia). È stato faticoso farlo, ma è già un fumetto, un romanzo e al cinema avrà una seconda puntata. Cercando l’identifica­zione con il giovane protagonis­ta («questo potrei essere io » ) , si vuole esplorare il bacino cinematogr­afico più grande: i teen-ager.

Salvatores è un regista che ogni volta accende la torcia del suo cinema in un tunnel diverso: «Quando hai la botta di fortuna di vincere un Oscar senza capire perché, come è successo a me nel 1992 con Mediterran­eo, superato il senso di colpa perché in lizza c’erano dei giganti, hai il superpoter­e di una grande responsabi­lità, e puoi avventurar­ti nelle cose che agli altri non lasciano fare, cerchi di mantenerti giovane così. Sono contento di misurarmi con le uscite di Natale».

Spera di «sfatare il preconcett­o che in Italia non si possano fare film di supereroi. Non li ho visti tutti, e non tutti mi piacciono. Amo il primo Batman, il primo Spiderman e Lasciami entrare, che è quasi un horror. La potenza del cinema è di rievocare fantasmi. Ho girato una storia di adolescent­i perché non ho figli. Ma secondo il mio analista non è così: dice che Michele sono io».

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